Cass. pen., sez. V, ud. 31 maggio 2022 (dep. 7 luglio 2022), n. 26182 Presidente Palla – Relatore Pilla
Cass. pen., sez. V, ud. 31 maggio 2022 (dep. 7 luglio 2022), n. 26182
Presidente Palla – Relatore Pilla
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 30 settembre 2021, la Corte di appello di Torino ha parzialmente riformato la condanna pronunciata in data 22 dicembre 2020 dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Aosta in sede di giudizio abbreviato nei confronti del ricorrente H. , ravvisando il vincolo della continuazione tra i reati contestati e rideterminando la pena in anni tre di reclusione, confermando nel resto.
La sentenza di primo grado aveva condannato il ricorrente:
- per il reato di atti persecutori aggravato dall'aver commesso il fatto nei confronti dell'ex coniuge di cui al capo 1); per il reato di violazione di domicilio in riferimento a B.A. aggravato dalle circostanze di cui all'art. 614 comma 4 e 61 n. 2 c.p. di cui al capo 2); per il reato di violazione di domicilio in riferimento alla vicina di casa B.M. aggravato dalle circostanze di cui all'art. 614 comma 4 e 61 n. 2 c.p. di cui al capo 3); per il reato di lesioni aggravate dalla circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 2 c.p. di cui al capo 4), riconosciuto il vincolo della continuazione e con l'aumento per la contestata recidiva alla pena di anni due e mesi otto di reclusione;
-per il reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p., 75 D.Lgs. n. 159 del 2011, 61 n. 2 cod. pen per avere reiteratamente violato le prescrizioni impartitegli con il decreto del Tribunale di Torino, sezione misure di prevenzione, alla pena di mesi 10 di reclusione.
Il Tribunale aveva altresì condannato l'imputato al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile che liquidava in Euro 18.000,00, oltre spese di costituzione e rappresentanza.
2. Avverso la decisione della Corte di appello ha proposto ricorso l'H. , attraverso il difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo è stata denunciata la violazione di legge in ordine all'affermazione della penale responsabilità in relazione al delitto di staiking.
In particolare, secondo il ricorrente, non sarebbero ravvisabili gli elementi costitutivi del delitto di atti persecutori avuto riguardo alla reiterazione dei comportamenti da parte dell'H. , comportamenti che si sono tradotti al più in un serrato corteggiamento amoroso al solo fine di riallacciare il rapporto sentimentale senza alcuna volontarietà della fattispecie incriminatrice. Mancherebbe la prova che i comportamenti del ricorrente abbiano determinato nella persona offesa uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice, difettando altresì nel ricorrente il necessario intento doloso.
2.2. Con il secondo e terzo motivo è stata denunciata la violazione di legge in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
La pena in concreto applicata si connota per la eccessiva severità dovendo la stessa essere contenuta nei minimi edittali e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche non è stata in alcun modo giustificata a fronte di un comportamento processuale post factum del ricorrente sicuramente apprezzabile.
2.3. Con il quarto motivo è stata dedotta violazione di legge in relazione alla somma liquidata alla parte civile quale risarcimento del danno quantomeno eccessiva e come tale da riformare.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1.II privo motivo è inammissibile per difetto di specificità.
1.1. Il ricorso non si confronta con la esaustiva motivazione della sentenza impugnata proponendo unicamente una diversa ricostruzione in fatto della vicenda criminosa non considerando il percorso argomentativo e motivazionale della impugnata sentenza e non tenendo in debito conto che in questa sede è precluso il sindacato della ricostruzione dei fatti compiuta dai giudici di merito, in assenza
di vizi di manifesta illogicità della motivazione ovvero travisamento della prova.
La sentenza impugnata evidenzia (p.7 e ss.) come la persona offesa B. si sia determinata alla separazione proprio in ragione della progressione degli atteggiamenti persecutori e minacciosi tenuti ai suoi danni dal ricorrente, comportamenti concretizzatisi in messaggi, telefonate, lettere, violazioni di domicilio, anche in danno della vicina di casa e tali da generare ansia e paura nella B. e costringerla ad abbandonare il proprio domicilio, rifugiandosi in un luogo tenuto nascosto anche alle forze di polizia.
In punto di esatta qualificazione giuridica del fatto reato, deve rilevarsi che la Corte di appello ha indicato chiaramente le condotte tenute dall'imputato, aggiungendo che le stesse hanno procurato l'evento che integra il reato, nella specie crisi di ansia, mutamento del domicilio tenuto segreto anche agli inquirenti.
Il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all'art. 660 c.p., (il serrato corteggiamento amoroso secondo il ricorrente) infatti, consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché si configura il delitto di cui all'art. 612-bis c.p. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'art. 660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato (Sez. 5, n. 15625 del 09/02/2021 Rv. 281029).
In tema di atti persecutori, rientra nella nozione di molestia, quale elemento costitutivo del reato, qualsiasi condotta che concretizzi una indebita ingerenza od interferenza, immediata o mediata, nella vita privata e di relazione della vittima, attraverso la creazione di un clima intimidatorio ed ostile idoneo a comprometterne la serenità e la libertà psichica (Sez.5, n. 1753 del 16/09/2021 (dep.2022), Rv.282426).
La sentenza in esame fa buon governo di siffatti principi nella qualificazione della fattispecie evidenziando nella motivazione come la B. sia stata oggetto di una vera e propria "persecuzione" generatrice di ansia e paura, non desistendo il ricorrente dalla condotta, che la Corte territoriale ha correttamente ricondotto alla fattispecie degli atti persecutori.
Quanto all'elemento soggettivo," nel delitto di atti persecutori, che ha natura di reato abituale di evento, l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione" (Sez.1,n. 28682, del 25/09/2020, Rv.279726).
Nella ipotesi di specie la sussistenza del dolo generico in capo al ricorrente è oggetto di specifica motivazione allorquando la sentenza impugnata sottolinea come dal tenore dei messaggi acquisiti numerosissimi e ripetitivi, recriminatori nei confronti della persona offesa la quale chiedeva di essere lasciata in pace, emerge la piena consapevolezza della condotta posta in essere dall'H. .
2. Inammissibili il secondo e il terzo motivo in quanto privi di specificità estrinseca.
Contrariamente a quanto esposto nel richiamato motivo, la Corte territoriale ha spiegato in maniera completa ed esaustiva (pag.9) le ragioni per le quali l'imputato non è meritevole delle attenuanti generiche valorizzando i precedenti anche specifici unitamente alla gravità complessiva dei fatti.
Va al riguardo richiamato l'orientamento di questa Corte in base al quale: "In tema di concessione delle circostanze attenuanti generiche, a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 182 del 2011, rientra tra gli elementi di cui il giudice deve tener conto, secondo i criteri dell'art. 133 c.p., anche la condotta positiva del condannato successiva al reato, potendo esserne escluso il rilievo con motivazione fondata su altre, preponderanti, ragioni della decisione, non sindacabile in sede di legittimità se non contraddittoria."(Sez.3 n. 1913 del 20/12/2018 (dep.2019), Carillo,Rv.275509- Fattispecie di mancata concessione motivata in ragione della gravità del fatto).
Altrettanto generico il motivo di ricorso relativo alla determinazione della pena, limitandosi il ricorrente a lamentare che la Corte abbia errato nel determinare la pena finale in ragione "del contenuto inoffensivo delle lettere d'amore", censura già mossa con l'atto di appello e alla quale la Corte di appello ha fornito risposta richiamando analiticamente la natura e le modalità dell'azione e la vita anteatta del ricorrente.
4. Inammissibile il quarto e ultimo ricorso relativo alle statuizioni civili in quanto generico.
È stato riproposto nei medesimi termini il motivo contenuto nell'atto di appello al quale già la sentenza di secondo grado ha fornito risposta sottolineando non solo la genericità della censura priva di qualsivoglia motivazione, ma valorizzando, quali criteri ai fini della determinazione della pretesa risarcitoria, il grave pregiudizio psicologico subito dalla persona offesa e la durata delle condotte incriminate.
Alla inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
Consegue altresì, a norma dell'art. 616 c.p.p. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso, nella misura di Euro tremila.
Il titolo di reato oggetto della pronuncia (atti persecutori) comporta l'oscuramento dei dati ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. n.196/03 come imposto dalla legge.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 82 e 83, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n.196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.