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Sentenza

Ex Segretario del Comune di Erice condannato per falso ideologico. Dovrà risarcire il danno alla parte civile.
Ex Segretario del Comune di Erice condannato per falso ideologico. Dovrà risarcire il danno alla parte civile.
Cassazione Penale Sent. Sez. 5 Num. 300 Anno 2022
Presidente: VESSICHELLI MARIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA ROSA ANNA
Data Udienza: 10/09/2021SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.V. nato a T. il .......
avverso la sentenza del 14/01/2020 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GRAZIA ROSA ANNA MICCOLI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUIGI ORSI, che ha concluso
chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso
udito il difensore della parte civile F.V., avvocato GAETANO GIOVANNI DI
BARTOLO, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso e
depositando nota-spese.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 14 gennaio 2020 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la
pronunzia di primo grado, con la quale V.B., nella qualità di segretario generale del
Comune di Erice, era stato ritenuto responsabile del reato di falso ideologico, per avere attestato,
contrariamente al vero, che la firma di F.V. (stesa in calce ad un documento con
il quale il V. si sarebbe impegnato a devolvere periodicamente ad un'associazione di
carattere sindacale e sociale, denominata "Noi Consumatori", una quota parte della pensione di
reversibilità della moglie deceduta) fosse stata apposta in ufficio, in sua presenza, in data 4
settembre 2015.
Nel giudizio si è costituito parte civile F.V.  e i giudici di merito hanno
condannato l'imputato al risarcimento del danno subito da quest'ultimo, da liquidarsi nella
competente sede civile.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il B., con atto sottoscritto dal
difensore di fiducia.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge in relazione all'articolo
2702 cod. civ.
Deduce che, con l'ultimo motivo di appello, aveva richiesto il rigetto della domanda
risarcitoria della parte civile. In particolare, aveva assunto che la contestazione del fatto illecito
sotto il profilo del falso era limitata alla circostanza che la sottoscrizione della scrittura privata,
con cui il V. assumeva un obbligo di pagamento, non fosse stata apposta alla presenza del
pubblico ufficiale. La falsità della firma del V. non sarebbe stata mai contestata, sicché
quest'ultimo ha assunto l'obbligazione di pagare le somme sottoscrivendo la scrittura privata;
qualunque fosse stato il luogo in cui eseguì la sottoscrizione, ai sensi dell'articolo 2702 cod. civ.,
quella obbligazione era a lui opponibile e, in effetti, sulla base di quella scrittura il creditore ha
potuto agire in giudizio.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia erronea e falsa applicazione degli articoli
185 cod. pen. e 2043 cod. civ., nonché vizi motivazionali sul nesso causale tra azione illecita e
danno.
Nonostante che in apposito motivo di appello fosse stata denunziata l'assenza di
conseguenzialità tra il fatto illecito contestato all'imputato e il danno presunto ricevuto dal
V., la Corte di Appello non ha compiuto alcuna indagine argomentativa, basandosi su
elementi di fatto per evidenziare che il fatto illecito abbia inciso sulla posizione giuridica ed
economica del V., danneggiandolo.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denunzia violazione di legge in relazione al principio
di offensività del fatto illecito e all'articolo 49, comma secondo, cod. pen.
Con il terzo motivo di appello era stata evidenziata l'inoffensività del fatto illecito attribuito
all'imputato, giacché la firma autenticata appartiene al V. ed è ciò che rileva per gli effetti
giuridici dell'atto sottoscritto. Di contro, il dovere ex art. 2703, secondo comma, cod. civ. è
strumentale all'accertamento dell'autenticità, ma tale dovere è un fatto ontologicamente diverso
dall'autentica della firma come imputabile ad un determinato soggetto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
2. Le censure articolate nei tre motivi sopra sintetizzati non si confrontano con le
argomentazioni articolate dai giudici di merito a fondamento dell'accoglimento della domanda
risarcitoria.
Il Tribunale ha fatto correttamente riferimento all'accertata plurioffensività del delitto di
falso come ascritto al B., avuto riguardo anche alla circostanza che il documento, con la
firma falsamente autenticata, fosse stato utilizzato per avviare una procedura monitoria in danno
del V. (pag. 6 della sentenza di primo grado).
Sulle analoghe censure proposte con l'atto di appello, la Corte territoriale (pagg. 3 e 4
della sentenza impugnata), oltre a disattendere correttamente gli argomenti difensivi finalizzati
a sostenere l'assenza di lesività della falsa attestazione, ha evidenziato che proprio tale falsa
attestazione aveva consentito il ricorso alla procedura monitoria in danno del V..
Del tutto inconferente allora appare il dato (di fatto) dell'autenticità della firma; dato
basato su argomentazioni di merito, che, peraltro, non risultano essere corrispondenti alla
ricostruzione della vicenda come operata nelle sentenze di primo e secondo grado (si veda in
particolare la sentenza di primo grado: pagg. 2 e 3).
Insomma, da nessun passaggio delle motivazioni delle sentenze di merito risulta che la
scrittura privata in questione potesse, ai sensi dell'art. 2702 cod. civ., fare piena prova, fino a
querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni di chi l'ha sottoscritta, non emergendo che
il V. abbia riconosciuto la sottoscrizione, in relazione alla quale, invece, è certo che vi sia
stata la falsa autenticazione da parte del B..
Chiarito ciò, diventa perfino superfluo aggiungere che, a norma dell'art. 2703 cod. civ.,
si ha per riconosciuta proprio la sottoscrizione autenticata, dal notaio o da altro pubblico ufficiale
a ciò autorizzato; e, alla stregua del secondo comma della citata norma, l'autenticazione consiste
nell'attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata apposta in sua
presenza, dopo aver accertato l'identità della persona che sottoscrive.
Tutto ciò nella specie non si è verificato, per cui è evidente la sussistenza anche del nesso
di causalità tra la condotta posta in essere dal B. e i danni subiti dal V..
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché, valutati i profili di colpa in relazione al tenore dei
motivi proposti, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Il ricorrente, inoltre, deve essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza
e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidate nella misura qui di seguito
indicata in dispositivo.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l'imputato
alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte
civile che liquida in complessivi euro 3510, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2021
Il Consigliere estensore Il Presidente
Avv. Antonino Sugamele

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