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Sentenza

Condotte criminose commesse dal Sindaco, da pubblici amministratori, Vigili Urbani, imprenditori ed altri privati, integranti i reati di abuso edilizio, falso ideologico, abuso d'ufficio e corruzione nonchè, secondo l'originario impianto accusatorio, l'associazione per delinquere finalizzata a commettere suddetti reati-fine.
Condotte criminose commesse dal Sindaco, da pubblici amministratori, Vigili Urbani, imprenditori ed altri privati, integranti i reati di abuso edilizio, falso ideologico, abuso d'ufficio e corruzione nonchè, secondo l'originario impianto accusatorio, l'associazione per delinquere finalizzata a commettere suddetti reati-fine.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-05-2021) 02-08-2021, n. 30130
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -

Dott. COSTANZO Angelo - Consigliere -

Dott. DE AMICIS Gaetano - Consigliere -

Dott. GIORGI Maria Silvia - Consigliere -

Dott. BASSI A. - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. D.L.P. nato a (OMISSIS) 2. D.L.A. nato a (OMISSIS) 3. C.A. nato a (OMISSIS) 4. C.C. nato a (OMISSIS) 5. S.A. nato a (OMISSIS) 6. S.S. nato a (OMISSIS) 7. R.A. nato a (OMISSIS) 8. D.R.G. nato a (OMISSIS) 9. D.S.A. nato a (OMISSIS) 10. B.M. nato a (OMISSIS) 11. F.T. nato a (OMISSIS) 12. De.Lu.An.Ma.Im. nato a (OMISSIS) avverso la sentenza del 03/02/2020 della Corte di appello di Napoli;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Alessandra Bassi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Locatelli Giuseppe, che ha concluso chiedendo che, quanto a D.L.P., la sentenza sia annullata senza rinvio con limitato riguardo alla pena applicata per il capo v), con ripristino dell'aumento di pena in continuazione nella misura inferiore determinata dal giudice di primo grado; che sia corretto l'errore materiale che riferisce l'aumento di mesi due e giorni quindici al capo hh), dichiarato prescritto, anzichè al capo ss), e che il ricorso di D.L.P. sia rigettato nel resto; che i ricorsi di D.L.A., C.A., C.C., S.A., S.S., R.A., D.R.G., F.T. e De.Lu.An.Ma.Im. siano dichiarati inammissibili; che i ricorsi di D.S.A. e B.M. siano rigettati;

udito il difensore della parte civile Comune (OMISSIS), avv. Antonio Nobile quale sostituto processuale dell'avv. Giulio Russo, il quale ha concluso come da conclusioni scritte e nota spese depositate a verbale;

uditi i difensori dei ricorrenti, avv. Alberto Martucci per D.S. e B., avv. Giuseppe Stellato e avv. Chiara Lazzari per D.L.P. nonchè il primo anche quale sostituto processuale dell'avv. Giovanni Bianco per F.e. D.L., avv. Mario Griffo e avv. Giuseppe Valentino per A. e S.S., avv. Angela Compagnone quale sostituto processuale dell'avv. Gennaro Iannotti per R. e D.R., i quali hanno argomentato ed insistito per l'accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

1. Il procedimento in oggetto concerne una serie di condotte illecite realizzate nell'ambito dell'attività amministrativa del Comune di (OMISSIS) all'epoca in cui esso era governato dalla Giunta presieduta, quale Sindaco, dal ricorrente D.L.P..

Vengono, in particolare, in rilievo condotte criminose commesse dallo stesso Sindaco, da pubblici amministratori, Vigili Urbani, imprenditori ed altri privati, integranti i reati di abuso edilizio, falso ideologico, abuso d'ufficio e corruzione nonchè, secondo l'originario impianto accusatorio, l'associazione per delinquere finalizzata a commettere suddetti reati-fine, contestazione associativa tramontata già nel giudizio di primo grado unitamente ad altre imputazioni.

1.1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, investita dei gravami proposti dal Pubblico Ministero e dalle difese degli imputati, in parziale riforma dell'appellata sentenza del 17 maggio 2018 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere;

- ha confermato la condanna di B.M. e D.S.A. in relazione ai reati di cui ai capi bb) (omissione d'atti d'ufficio) e dd) (originariamente qualificato ex 319 c.p. e riqualificato dal G.u.p. a norma dell'art. 328 c.p.), ma ha modificato la durata della pena accessoria loro applicata dell'interdizione ai pubblici uffici, con conferma nel resto della appellata decisione e con revoca degli ordini di demolizione meglio precisati nel dispositivo;

- ha confermato la condanna di C.A. in ordine ai reati di cui ai capi m), n), o) e r) (corruzione, abusi edilizi e falso);

- ha confermato l'assoluzione di C.C. in relazione al reato sub capo I) nonchè la condanna dell'appellante in ordine ai reati di cui ai capi m), n), o) e r) (corruzione, abusi edilizi e falso);

- ha confermato l'assoluzione di De.Lu.An.Ma.Im. in ordine al reato di cui al capo ee), mentre ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell'imputata in relazione al reato di cui al capo ff) (abuso edilizio), per intervenuta prescrizione, con conferma nel resto dell'appellata decisione anche con riguardo alle statuizioni civili nei confronti della parte civile Comune di (OMISSIS);

- ha confermato l'assoluzione di D.L.P. in ordine ai reati di cui ai capi a), mm), nn), oo), pp), rr), vv), zz) e aaa); ha assolto l'imputato dal delitto di cui al capo w), perchè il fatto non costituisce reato, dai delitti di cui ai capi x), kk) e uu), perchè il fatto non sussiste, e dai delitti sub capi dd) e Il), per non avere commesso il fatto; ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta estinzione per prescrizione del reato di cui al capo hh); ha riqualificato ai sensi dell'art. 346-bis c.p. il delitto sub capo z) (originariamente qualificato ex art. 319 c.p.) ed ha rideterminato la pena inflittagli con riferimento a detto delitto nonchè in relazione alle residue imputazioni di cui ai capi v) (corruzione), ii) (corruzione), ss) (abuso d'ufficio) e tt) (corruzione), con conferma nel resto dell'appellata decisione;

- ha confermato l'assoluzione di D.L.A. in ordine ai reati di cui ai capi a), cc), ee) e aaa); ha assolto l'imputato dai reati di cui ai capi x) e oo), rispettivamente perchè il fatto non sussiste e per non avere commesso il fatto; ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta estinzione per prescrizione del delitto di cui al capo ff) (abuso edilizio); ha riqualificato ai sensi dell'art. 346-bis c.p. il delitto sub capo z) (originariamente qualificato ex art. 319 c.p.) ed ha rideterminato la pena inflittagli con riferimento a detto delitto ed a quello di cui al capo dd), con conferma nel resto dell'appellata decisione;

- ha confermato la condanna di D.R.G. e R.A. per il reato di cui al capo t) (corruzione);

- ha confermato kraree4texpgatm l'assoluzione di F.T. in ordine ai reati di cui ai capi a), s), u), ee) e aaa) ed ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del medesimo imputato per intervenuta estinzione per prescrizione del delitto di cui al capo ff) (abuso edilizio), con conferma nel resto dell'appellata decisione anche con riguardo alle statuizioni civili nei confronti della parte civile Comune di (OMISSIS);

- ha assolto S.A., perchè il fatto non sussiste, dal reato di cui al capo uu) (turbativa d'asta), ha confermato l'appellata sentenza in ordine al reato di cui al capo tt) (corruzione) e, per l'effetto, ha rideterminato la pena inflittagli, con conferma nel resto dell'appellata decisione;

- ha assolto S.S., perchè il fatto non sussiste, dal reato di cui al capo uu), ha confermato l'appellata sentenza in ordine ai reati di cui ai capi ss) (abuso d'ufficio) e tt) (corruzione) e, per l'effetto, ha rideterminato la pena inflittagli, con conferma nel resto dell'appellata decisione.

2. Con atti a firma dei rispettivi difensori di fiducia, i ricorrenti chiedono che la sentenza della Corte d'appello di Napoli sia annullata per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p..

In particolare, B.M. e D.S.A. eccepiscono:

2.1. la contraddittorietà della motivazione in relazione al delitto di cui al capo bb), per avere la Corte, seppure chiamata a giudicare in ordine alla contestata omissione di un atto d'ufficio con riferimento al sequestro preventivo dell'immobile, ritenuto gli imputati - Vigili Urbani presso il Comune di (OMISSIS) - responsabili per l'omessa redazione di una relazione di servizio, avendo altresì trascurato di motivare in ordine alla ritenuta l'obbligatorietà del sequestro, nonostante il parere di regolarità edilizia espresso dal capo dell'Ufficio Tecnico comunale Arch. A..

2.2. Violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 27 (Testo Unico dell'Edilizia), per avere il Collegio distrettuale addebitato agli imputati l'omessa attività di vigilanza urbanistico-edilizia prescritta dalla indicata disposizione, sebbene essa ponga l'obbligo di comunicazione di presunte irregolarità agli organi competenti a carico del "Dirigente o responsabile del competente ufficio comunale" e, solo in via residuale, alla Polizia Municipale. Sottolinea la difesa che, nel caso di specie, non può prescindersi dal fatto che i Vigili Urbani, in occasione del sopralluogo del 12 dicembre 2013, fossero in compagnia del Dirigente dell'Ufficio Tecnico comunale Arch. A., il quale certificò la regolarità dello stato dei luoghi, attestando che la destinazione dei locali restava non residenziale e che gli stessi erano di utilizzo funzionale, sicchè non è ravvisabile alcuna omissione da parte dei ricorrenti.

2.3. Violazione di legge in relazione all'art. 328 c.p. quanto al capo bb), per avere i Giudici del gravame reputato erroneamente integrato il reato di rifiuto di atti d'ufficio. Rileva la difesa che l'atto richiesto (cioè il sequestro del manufatto al momento del sopralluogo del 12 dicembre 2013) era certamente non dovuto o comunque ritardabile, potendo la valutazione sull'effettiva irregolarità delle opere essere demandata al Dirigente del competente ufficio comunale e che, in ogni caso, non v'è prova della consapevolezza degli imputati circa un'irregolarità da censurare.

2.4. Violazione di legge processuale in relazione agli artt. 125 e 192 c.p.p. ed il correlativo vizio di motivazione per travisamento della prova in relazione al capo dd), per avere il Giudice a quo ritenuto integrato il reato di omissione d'atti d'ufficio trascurando i plurimi elementi di prova a discolpa evidenziati nel gravame. In particolare, la Corte d'appello non avrebbe considerato: a) i brogliacci dei servizi del giugno 2014; b) le enormi contraddizioni tra le dichiarazioni dei testi R.V., R.R. e R.C.; c) la relazione del 16 dicembre 2013 dell'Arch. A. attestanti la regolarità delle opere edilizie, tale da non giustificare un successivo sopralluogo nel giugno 2014; d) le dichiarazioni rese dal teste coimputato D.L.A., che ha smentito le dichiarazioni dei testimoni R. quanto alla presenza dei Vigili Urbani sul cantiere.

2.5. Violazione di legge in relazione all'art. 328 c.p. con riferimento al capo dd), per avere i Giudici della cognizione confermato il giudizio di penale responsabilità quanto al reato di rifiuto di atti d'ufficio sebbene, secondo la ricostruzione della stessa sentenza d'appello, gli imputati non rimasero inerti, ma dettero corso all'atto dovuto e senza ritardo, ossia al fermo dell'attività edilizia.

3. C.A. e C.C. muovono le doglianze di seguito illustrate:

3.1. violazione di legge in relazione agli artt. 318, 319-quater e 481 c.p. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 (Testo Unico dell'Edilizia) e correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte erroneamente disatteso la prospettazione difensiva secondo la quale, nella specie, si sarebbe trattato di corruzione impropria o, in alternativa, di un'induzione indebita e dovrebbe ritenersi comunque penalmente irrilevante l'abuso urbanistico, stante l'abbattimento del manufatto nonchè la scorretta classificazione del rischio idrogeologico. In particolare, la difesa dei ricorrenti sottolinea: che i Giudici del gravame hanno erroneamente valorizzato le dichiarazioni rese dagli imputati nel corso del primo interrogatorio, da cui in ogni caso non emerge la loro volontà di impiantare l'autolavaggio commettendo un illecito; che il Tar Campania, con sentenza irrevocabile del 5 giugno 2020, ha annullato la delibera di revoca della SCIA ed il conseguente abbattimento del manufatto, stabilendo la legittimità della realizzazione dell'impianto di autolavaggio; che pertanto risulta dubbia la consapevolezza degli imputati circa l'illegittimità dell'iniziativa e l'accordo corruttivo per giungere alla realizzazione dell'impianto di autolavaggio; che risultano apodittiche le argomentazioni relative al modus operandi del Geom. P., avendo egli apposto la propria sottoscrizione sotto un atto fedelmente rappresentativo della realtà.

4. De.Lu.An.Ma.Im. e F.T. deducono i motivi appresso sunteggiati.

4.1. Violazione di legge in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 (Testo Unico dell'Edilizia) e il correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte distrettuale dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo ff) in quanto estinto per intervenuta prescrizione anzichè pronunciare l'assoluzione piena nel merito per non aver commesso il fatto. Evidenziano i ricorrenti come la ricostruzione compiuta dal Collegio di merito (secondo cui l'ultimazione dei lavori coinciderebbe con la loro conclusione nel settembre 2013) trascuri di considerare, da un lato, che in tale momento i lavori non potevano ritenersi conclusi, atteso che mancavano ancora i requisiti di agibilità o abitabilità del manufatto; per altro verso, che il contratto preliminare di acquisto (firmato, fra l'altro, soltanto dalla De.Lu. e non anche dal F.) prevedeva che il venditore P.N. garantisse la sussistenza dei presupposti per il rilascio del certificato di abitabilità e/o agibilità alla data del rogito, successiva al dicembre 2014 (data cui risale il trasferimento ex autoritate del F. dal Comando della Stazione dei Carabinieri di (OMISSIS) a Napoli). In ogni caso, la De.Lu. non acquisiva il possesso, nè la disponibilità dell'immobile prima dell'atto definitivo, sottoposto appunto alla condizione risolutiva della conformità della concessione alle norme urbanistiche vigenti.

4.2. Mancata valutazione da parte della Corte d'appello delle prove decisive prodotte dalla difesa, segnatamente del "compromesso" e della copia dell'assegno versato, da cui si evince che l'appartamento oggetto del contratto preliminare veniva acquistato soltanto nel gennaio 2015, in un momento successivo all'ultimazione dell'opera in cui si è perfezionato l'abuso edilizio e che l'acquisto era subordinato alla condizione risolutiva della conformità dell'opera alle norme urbanistiche, sicchè l'eventuale illecito risulta imputabile al solo costruttore. Aggiunge la difesa come la lettura della promessa di vendita evidenzi l'estraneità ai fatti di F.M., là dove il delineato contributo dato nell'indicare i materiali da utilizzare per la collocazione di una scala di collegamento tra il primo piano e il seminterrato, illecitamente trasformato il locale abitabile, risalirebbe comunque alla primavera del 2014, dunque sempre prima del contratto di stipulato nel gennaio 2015.

5. Nel ricorso a firma dell'avv. Giuseppe Stellato, D.L.P. deduce i seguenti motivi, rinumerati tenendo conto delle diverse questioni dedotte.

5.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 110, 319, 323 e 346-bis c.p. ed agli artt. 190 e 192 c.p.p. e correlativo vizio di motivazione, per travisamento delle dichiarazioni testimoniali e delle risultanze obbiettive del processo. Con riguardo al capo v), il ricorrente evidenzia come, dopo avere escluso la sussistenza del delitto di cui al capo w) (concernente l'illecito finanziamento al partito "(OMISSIS)" o N. C.D., di cui D.L.P. era esponente), la Corte d'appello abbia erroneamente stimato penalmente rilevante come corruzione il finanziamento dell'amministrazione comunale in favore della locale squadra di calcio "(OMISSIS)" rappresentata da C.R., cognato di N.A., nonchè consigliere della maggioranza consiliare di D.L.P., in cambio - sulla scorta del patto corruttivo - del finanziamento operato da N.A., o meglio dalla sua società, in favore del movimento "(OMISSIS)" riconducibile all'attuale ricorrente integrante il capo w), per il quale è intervenuta sentenza assolutoria. La difesa sottolinea come i Giudici del gravame non abbiano verificato la sussistenza della prova del patto corruttivo; come l'esame delle delibere n. 154 del 2013 e n. 17 del 2014 sia stato compiuto in termini inadeguati e incompleti, atteso che la prima riguardava il finanziamento del Comune non soltanto della "(OMISSIS)", ma anche di altre associazioni, fra l'altro sulla base del parere favorevole del Segretario Comunale; la seconda, in quanto mera delibera di indirizzo, era priva di valore precettivo, implicando l'adozione da parte degli Uffici Tecnici Comunali delle determine atte a dare esecuzione all'eventuale compensazione delle spese di riorganizzazione del campo con quelle relative al pagamento dei canoni per l'utilizzazione del campo, sicchè non è provata l'incidenza dell'operato del Sindaco al fine di favorire la squadra riconducibile a C. e N.. Rimarca il ricorrente come i Giudici della cognizione abbiano inoltre trascurato di considerare l'assetto normativo in materia, travisando la testimonianza resa sul punto dal Dott. Pane (secondo cui la delibera citata costituiva un mero atto deliberativo di indirizzo politico, essendo poi demandati all'Ufficio Tecnico Comunale ogni adempimento e le ulteriori necessarie verifiche); come il Collegio di merito abbia scorrettamente ritenuto che la revoca di tali delibere fosse dipesa l'avvio delle indagini e non prima che D.L. ne avesse alcuna conoscenza; come, contrariamente a quanto rilevato dai Giudici di merito, il Dirigente dello sport P. abbia chiarito che le compensazioni per il canone d'uso del campo sportivo furono operate in piena autonomia; come manchi una qualunque relazione tra la richiesta del 22 luglio 2013 e la delibera del 18 febbraio 2014 e poi con la seconda istanza dell'11 dicembre 2013 nonchè alcuna prova quanto all'utilità per il ricorrente connessa all'abuso della funzione, costituendo il versamento in favore di "(OMISSIS)" niente di più che un contributo erogato in considerazione di un'autonoma e condivisa impostazione politica.

5.2. Violazione di legge in relazione all'art. 603 c.p.p. e mancata assunzione di prova decisiva, per avere la Corte d'appello erroneamente derubricato la contestazione di cui al capo z) (originariamente qualificata ex art. 319 c.p.) ai sensi dell'art. 346-bis c.p., in assenza dei relativi presupposti. La difesa rimarca come la Corte distrettuale abbia omesso di accertare la doppia relazione che D.L. avrebbe dovuto mettere in campo con l'onorevole Al.Gi., da un lato, e con il soggetto da agevolare, D.L.A., dall'altro; come l'unico dato evidenziato dal Giudice del gravame sia rappresentato dalla vicinanza temporale tra gli incontri fra il ricorrente e l'On. Al. e le elargizioni da parte dell'imprenditore D.L.A. in favore della associazione "(OMISSIS)", risultando in ogni caso non provato il bonifico del 9 maggio 2014, mentre il successivo bonifico di 1000 Euro è stato posto in relazione con il capo y), per il quale è stata esclusa l'illiceità del versamento; come lo stesso On. Al. abbia dichiarato che la gestione dei beni in oggetto era estranea alla propria competenza, trattandosi di strutture dell'Agenzia del Demanio; come la difesa abbia in ogni caso dimostrato con decine di testimonianze che lo stesso imputato era interessato alla dismissione delle aree demaniali da recuperare alla collettività (OMISSIS), sicchè l'eventuale interesse di D.L.A. si poneva in maniera assolutamente collaterale. Sotto diverso aspetto, l'impugnante rimarca come la Corte d'appello non abbia risposto in merito alle questioni sottoposte al proprio vaglio concernenti, da un lato, la censurata utilizzazione delle dichiarazioni di D.L.A. (il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere in sede dibattimentale), dall'altro lato, la (rigettata) richiesta di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale al fine di escutere il colonnello An.Lu. circa la natura delle richieste avanzate dal Sindaco di (OMISSIS) nei confronti del Ministero della Difesa. Sottolinea la difesa come, espunte le dichiarazioni di D.L.A., tenuto conto delle sole risultanze oggettive e delle dichiarazioni dell'onorevole Al., facciano del tutto difetto i presupposti del delitto di traffico di influenze illecite, a ben vedere poggiato dai Giudici di merito sulle sole dichiarazioni - inutilizzabili - del predetto D.L..

5.3. Vizio di motivazione con riferimento alla contestazione di corruzione di cui al capo ii). Evidenzia la difesa come, nel ritenere provato il patto corruttivo consistente nella agevolazione del rilascio dell'autorizzazione edilizia dietro l'utilità rappresentata dalle assunzioni presso il nuovo supermercato (OMISSIS) così da ampliare il proprio consenso elettorale -, la Corte territoriale sia incorsa in un vero e proprio travisamento della prova, con particolare riguardo alle dichiarazioni rese dall'Ing. C. (che ha escluso qualunque intervento del ricorrente nella pratica in esame), dal Geom. De.Lu. (componente della omissione edilizia) e dallo stesso Pe.Gi. (che ha riferito che tutta la pratica relativa al rilascio del permesso di costruire in loro favore fu gestita esclusivamente dal Dirigente dell'UTC Ing. A.). La difesa sottolinea inoltre: che la ricostruzione operata dalla Corte di merito risulta contraddittoria nella parte in cui si è escluso il concorso nel fatto di Francesco Scarano (padre della persona che, secondo l'ipotesi d'accusa, D.L. avrebbe fatto assumere presso il supermercato (OMISSIS)); che le assunzioni del personale del supermercato non erano gestite a livello locale ma dalla Direzione Generale della catena di distribuzione sicchè su tale processo il Sindaco non avrebbe potuto esercitare alcuna influenza; che l'interesse alle assunzioni in chiave politico-elettorale non si è tradotto nella spendita di una funzione; che la Corte di merito ha assegnato rilievo alla conversazione n. 676 del 3 febbraio 2014 successiva al rigetto della SCIA ed all'istruttoria della pratica di rilascio del permesso di costruire, quando ormai il rilascio di detto atto costituiva un atto dovuto, di competenza esclusiva dell'ufficio, in relazione al quale il Sindaco non avrebbe potuto intervenire.

5.4. Violazione di legge processuale per difetto di correlazione tra imputazione e sentenza, difetto assoluto di motivazione e travisamento della prova con riferimento ai reati di cui ai capi ss), tt) e uu). Evidenzia il ricorrente che la Corte territoriale ha omesso di considerare come l'inserimento della "SOS Rifiuti" nel Comune di (OMISSIS) con la determina n. 269/2013 (quale primo passo per consentire il successivo inserimento della ditta "Ecomondo" riconducibile agli S.) sia avvenuto sulla base di un progetto presentato dal D.M. della "(OMISSIS)" nel 2011, epoca in cui D.L. non svolgeva la funzione di Sindaco nè aveva alcun rapporto di conoscenza con D.M., nè S.S. aveva potuto "intervenire" sul Sindaco dal momento che la richiesta fu presentata presso l'Ufficio Tecnico; come, d'altra parte, l'intero rapporto con la "(OMISSIS)" fosse gestito dall'Ufficio Tecnico del Comune riconducibile all'Ing. A.; come manchi dunque alcun elemento da cui desumere la collusione o il collegamento tra D.L. e la "(OMISSIS)"; come la "(OMISSIS)" interrompesse autonomamente per rinuncia l'espletamento del servizio; come, in ogni caso, la Corte d'appello non abbia evidenziato le modalità di estrinsecazione dell'attività concorsuale, di istigazione o di determinazione, svolta da parte del ricorrente; come manchi altresì il collegamento strutturale tra l'affidamento del servizio alla "(OMISSIS)" e la "Ecomondo"; come i Giudici della cognizione abbiano trascurato di considerare che l'affidamento del servizio alla "(OMISSIS)" aveva consentito un rilevante risparmio finanziario per il Comune; come l'esclusione della responsabilità del D.M. rappresenta un ulteriore vulnus della motivazione dal momento che l'abuso in atti d'ufficio non poteva che avere il suo presupposto nel precedente illegittimo affidamento del servizio proprio alla "(OMISSIS)" coinvolgente lo stesso D.M., il quale, con la rinuncia, avrebbe consentito il deposito della successiva richiesta da parte della "Ecomondo". Sotto diverso aspetto, la difesa sottolinea come il Dirigente di settore Ing. Basilicata sia stato assolto dalla corruzione di cui al capo tt), esito decisorio che rende illegittima la condanna del D.L. atteso che se Basilicata avesse favorito l'impresa "Ecomondo" autonomamente non vi sarebbe spazio per la condanna del ricorrente e, se fosse stato istigato da quest'ultimo assecondandone le richieste, non potrebbe non esservi il suo concorso nel reato; come in ogni caso Basilicata abbia escluso qualunque interferenza dell'imputato; come la promessa di costituzione dei circoli N.C.D. in (OMISSIS) - in concreto non realizzata - non possa costituire l'"utilità" della ipotizzata corruzione.

5.5. Violazione di legge processuale in relazione all'art. 521 c.p.p. in relazione al capo tt), per avere i Giudici della cognizione pronunciato condanna per un fatto diverso da quello contestato. Rileva, in particolare, la difesa che, stando all'imputazione, l'atto contrario posto in essere dall'imputato sarebbe consistito nell'omissione della verifica circa il possesso dei requisiti in capo alla ditta "Ecomondo", mentre secondo il Tribunale l'atto contrario ai doveri d'ufficio andrebbe individuato nella modifica del bando nella parte in cui veniva inserito il requisito della "professionalità", questione rilevante dal momento che la Corte d'appello, assolvendo gli imputati dalla contestazione di turbativa d'asta di cui al capo uu), ha escluso che l'inserimento nel bando di tale requisito potesse integrare un elemento di turbativa nell'aggiudicazione.

5.6. Violazione di legge in relazione all'art. 133 c.p. e art. 81 c.p., comma 2, e correlativo vizio di motivazione, per avere i Giudici di merito determinato la pena base in relazione al reato ritenuto più grave di corruzione di cui al capo tt) senza tenere conto che i fatti sono contestati sino al luglio 2014, sicchè si sarebbe dovuto prendere le mosse dal trattamento sanzionatorio previsto antecedentemente alla riforma operata con la L. 27 maggio 2015, n. 69. D'altra parte, la difesa evidenzia come la commisurazione di una pena in posizione mediana fra il minimo e massimo edittale si giustificasse in primo grado in ragione del ritenuto coinvolgimento di D.L.P. nella quasi totalità delle vicende oggetto di contestazione originaria e come non sia invece giustificabile all'esito del forte ridimensionamento del quadro d'accusa in appello, con specifico riguardo all'assoluzione dal reato di turbativa d'asta connesso al reato di corruzione sub capo tt); come i Giudici di merito abbiano impropriamente valorizzato, in senso negativo, il comportamento processuale del D.L., il quale si è limitato a difendersi dalle accuse.

5.7. Violazione di legge in relazione all'art. 133 c.p. e art. 597 c.p.p., per avere la Corte territoriale applicato aumenti per la continuazione in relazione ai capi v) e hh) superiori a quelli applicati in primo grado, in violazione del divieto di reformatio in peius, non vertendo l'impugnazione del Pubblico Ministero sulla determinazione della pena.

5.8. Violazione di legge in relazione all'art. 62-bis c.p. e correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di motivare sulla denegata applicazione dell'elemento circostanziale in oggetto, trascurando altresì di considerare il ridimensionamento del quadro d'accusa nei confronti del D.L. ed il fatto che la gestione delle operazioni ritenute illecite fu integralmente definita all'interno del perimetro dei rapporti politici, senza coinvolgimenti diretti o incidenza degli uffici pubblici.

5.9. Violazione di legge in relazione all'art. 323-bis c.p. e correlativo vizio di motivazione, per avere i Giudici del gravame erroneamente disatteso la sollecitata richiesta di applicazione della circostanza attenuante in parola in relazione al reato di cui al capo tt), stante l'assenza di alcuna forma di indebito arricchimento in favore del soggetto privato con consequenziale decremento patrimoniale per la pubblica amministrazione, essendo stato svolto il servizio nell'interesse del Comune e della relativa comunità.

5.10. Nell'atto a firma del secondo difensore, avv. Chiara Lazzari, D.L.P. deduce i seguenti motivi (in parte coincidenti con quelli già illustrati nel primo atto di ricorso).

In particolare, eccepisce la violazione di legge processuale in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 192 c.p.p., comma 2, per mancanza assoluta di motivazione nonchè per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine ai reati di cui ai capi v), ii) e tt). Il ricorrente rileva come la Corte territoriale abbia omesso di motivare in ordine: a) alla ritenuta integrazione del patto corruttivo con riguardo a tutte e tre le ipotesi delittuose; b) al ravvisato concorso del ricorrente negli atti che si assumono oggetto di mercimonio, materialmente predisposti e adottati dai competenti organi del Comune di (OMISSIS) e mai dal Sindaco; c) alla percezione da parte del D.L. delle "utilità"; d) alla sussistenza di un sinallagma fra l'atto contrario e l'ipotizzata utilità. In particolare, la difesa rimarca che, quanto ai capi v) e tt), fa difetto la prova diretta di alcuna comunicazione fra il Sindaco e l'organo competente precedente all'atto e avente per oggetto il medesimo così come di ordini, direttive semplici pareri diretti ad influenzarne le determinazioni, essendosi limitato il Collegio distrettuale a ravvisare la "costante ingerenza" del ricorrente sulla scorta di considerazioni meramente congetturali, là dove: i contatti fra D.L. e S. concernevano soltanto il pagamento di un servizio già prestato; B.A. e M.B. non hanno mai fatto riferimento ad alcuna insistenza dell'imputato per affidare il servizio alla "Ecomondo"; non v'è prova che il Sindaco abbia fatto approvare dalla Giunta le due delibere concernenti il contributo alla "(OMISSIS)", avendo la Corte fatto soltanto un generico riferimento a "pressioni" verso il segretario generale P.A.. Quanto al capo ii), il ricorrente rileva come la stessa Corte d'appello abbia ritenuto insussistente la condotta ascritta al Comandante della Polizia Municipale S.F., con ciò escludendo in radice l'accordo fra questi e il Sindaco, ipotizzando una corruzione commessa "all'insaputa" di chi avrebbe dovuto commettere l'atto contrario ai doveri d'ufficio, essendosi fondata la prova su considerazioni apodittiche quanto al presunto ruolo di "padre padrone" assolto da D.L.P. in seno al Comune. Aggiunge la difesa come manchi in ogni caso la prova della effettiva ricezione delle utilità da parte dell'imputato in relazione tutte tre le ipotesi corruttive; come, quanto al capo tt), non ogni contributo economico versato da S.A. per favorire la nascita o l'attività dei circoli del "(OMISSIS)" possa autonomamente qualificarsi come "utilità" corrisposta al D.L.; come, quanto al capo v), il Collegio di merito abbia trascurato l'interesse personale del presunto corruttore N.A. a finanziare "(OMISSIS)"; come, quanto al capo ii), non sia stato individuato l'interesse personale del D.L. all'assunzione di alcuni giovani disoccupati del Comune presso il supermercato.

5.11. Violazione di legge processuale in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, art. 521 c.p.p., commi 1 e 2, e art. 604 c.p.p., comma 1, con riferimento al reato di cui al capo tt). Rileva la difesa come la Corte d'appello non abbia operato il sollecitato raffronto fra il capo di imputazione e la sentenza di primo grado, nella quale si è riscritta la contrarietà ai doveri d'ufficio, in termini diversi dall'originaria contestazione.

5.12. Violazione di legge penale e processuale in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità quanto al contributo causale fornito dall'imputato con riferimento al reato di cui al capo tt), alla ricezione dell'utilità ed al sinallagma con riferimento al capo ss). Evidenzia la difesa come, in relazione ad entrambe le imputazioni, sia contestato all'imputato di avere svolto il ruolo di istigatore, sia pure con diverse inclinazioni comportamentali, e come tuttavia i Giudici di merito abbiano confermato il giudizio di penale responsabilità nonostante l'assenza di prova - neanche logica - della condotta istigatoria (della "costante ingerenza") e comunque senza definirne in concreto delle modalità espressive, non potendo trarsi dimostrazione del delitto dai rapporti di amicizia e di comune militanza politica con gli S., nè dai rapporti fra questi ultimi e l'Arch. A. e il Dott. B., nè dal tenore delle intercettazioni o dal contenuto delle prove dichiarative rese da B. e M..

5.13. Vizio di motivazione con riferimento al reato di cui al capo tt), per avere la Corte territoriale contraddittoriamente ritenuto provata la condotta di istigazione al compimento di atti contrari ai doveri d'ufficio in relazione all'affidamento alla "Ecomondo" a fronte della ritenuta insussistenza della turbativa d'asta in relazione al medesimo affidamento, con ciò -nella sostanza escludendo la contrarietà ai doveri d'ufficio oggetto di corruzione.

5.14. Vizio di motivazione quanto alla determinazione della pena e alla denegata applicazione delle circostanze attenuanti generiche quanto ai capi ss) e tt), per avere il Collegio del gravame omesso di rivalutare la commisurazione della pena ed il diniego dell'invocata diminuente nonostante il ridimensionamento del quadro d'accusa operato nella sentenza impugnata.

5.15. Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta integrazione del reato di cui al capo v), con specifico riguardo al contributo causale offerto dall'imputato alla formazione dell'atto in ipotesi di oggetto di mercimonio, alla ricezione della utilità che costituirebbe prezzo della corruzione ed al sinallagma illecito, nonchè erronea applicazione del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 107. Evidenzia la difesa come scorrettamente i Giudici della cognizione abbiano ravvisato la sussistenza dei presupposti del delitto in relazione all'approvazione delle due delibere che beneficiavano di risorse comunali la squadra di calcio della "(OMISSIS)" di cui N. era "presidente di fatto" in cambio del contributo di 2500 Euro versati da quest'ultimo sul conto corrente intestato al movimento "(OMISSIS)", in assenza di una qualunque prova di un nesso causale fra i due eventi e di alcuna pressione sul segretario generale P., essendo per di più caduta anche la contestazione associativa, nell'ambito della quale al Sindaco D.L.P. era riconosciuta una posizione di preminenza nell'ambito dell'amministrazione territoriale.

5.16. Vizio di motivazione in ordine alla ritenuta integrazione della corruzione di cui al capo v), con particolare riguardo all'omessa risposta alle circostanze di fatto evidenziate dalla difesa e alle argomentazioni svolte a corredo. Rimarca la difesa come la Corte distrettuale non abbia dato risposta ai rilievi secondo cui mancherebbe una qualunque relazione fra il contributo versato ai circoli di "(OMISSIS)" e le delibere a favore della società calcistica; come non vi sia prova della consapevolezza di D.L.P. circa l'illegittimità delle delibere; come la delibera che ha consentito finanziamento della società sia stata assunta collegialmente all'unanimità dei cinque componenti della giunta comunale; come la stessa sia stata poi revocata; come la semplice vicinanza temporale tra i versamenti a favore di "(OMISSIS)" ed il finanziamento di "(OMISSIS)" non costituisca di per sè prova del patto corruttivo.

5.17. Violazione di legge processuale con riferimento all'art. 125 c.p.p., comma 3 e art. 597 c.p.p., comma 3, e mancanza assoluta di motivazione in ordine all'inasprimento della pena in relazione all'aumento per la continuazione in assenza dell'appello del pubblico ministero.

5.18. Violazione di legge penale e processuale in relazione all'art. 125 c.p.p., comma 3, con riferimento ai capi hh) e ii) e correlativo vizio di motivazione, per avere i Giudici territoriali confermato la condanna per l'abuso edilizio e la corruzione concernenti il rilascio del permesso a costruire illegittimo in relazione alla realizzazione del supermercato da parte dei fratelli Pe., trascurando di considerare come il 14 novembre 2013 essi avessero già concluso l'accordo con il capo dell'Ufficio Tecnico Arch. A., prima di un qualunque intervento del Sindaco. Rimarca, in particolare la difesa, l'illogicità della ricostruzione dei Giudici della cognizione allorchè hanno escluso dal patto corruttivo il comandante S. e l'obbligazione relativa all'esenzione dai controlli della Polizia Municipale, là dove proprio figlio di questi avrebbe dovuto essere assunto del supermercato su richiesta del D.L.. Rileva la difesa che, in ogni caso, la Corte territoriale ha errato nel ritenere illegittimo il permesso di costruire e non ha illustrato le ragioni per le quali abbia ritenuto che D.L.P. fosse sicuramente consapevole dell'ipotizzata illegittimità.

5.19. Violazione di legge penale e processuale in relazione all'art. 346-bis c.p. e artt. 522 e 604 c.p.p. con riferimento al capo z), per avere la Corte d'appello non semplicemente riqualificato la condotta in oggetto, ritenuta dal primo Giudice integrante il delitto ex art. 318 c.p., ma per avere radicalmente riscritto il fatto nelle sue componenti oggettive e soggettive. In particolare, l'originaria ipotesi di corruzione era calibrata su un Sindaco asservito in favore del privato senza alcuna menzione della tipologia di atto contrario ai doveri d'ufficio che l'onorevole Al. avrebbe dovuto compiere con riferimento alla dismissione di immobili del demanio, mentre in grado di appello si è introdotto il riferimento all'atto contrario di cui all'art. 346-bis c.p. che avrebbe dovuto compiere appunto l'On. Al. e non D.L., così pronunciando condanna per un "fatto nuovo".

5.20. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 346-bis c.p. e 2 e seguenti D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, artt. 522 e 604 c.p.p. con riferimento al capo z), per essere la Corte d'appello incorsa in errore circa l'applicazione della norma extra penale integrante la fattispecie criminosa. Sottolinea la difesa come il cantiere militare ricompreso nel territorio del Comune di (OMISSIS) non sia mai stato oggetto di dismissione, nè risulta nell'elenco dei beni demaniali da dismettere, sicchè la gestione di esso non rientrava tra le competenze e le attribuzioni dell'onorevole Al. quale Sottosegretario alla difesa bensì nella competenza di un'apposita task force nominata con decreto ministeriale del 14 aprile 2014, sicchè si versa in un'ipotesi di reato impossibile ai sensi dell'art. 49 c.p..

5.21. Vizio di motivazione in relazione all'art. 346-bis c.p., per avere il Collegio del gravame omesso di dare risposta in ordine ad una serie di risultanze probatorie evidenziate nell'atto d'appello. Rimarca la difesa che il finanziamento di D.L.A. di 1000 Euro all'associazione "(OMISSIS)" risulta del tutto slegato, anche temporalmente, dal finanziamento della campagna elettorale del D.L.; che all'epoca delle erogazioni il ricorrente non era ancora legato al "(OMISSIS)", così come evidenziato dalle dichiarazioni dei plurimi testi sentiti nel dibattimento (di cui si sono sunteggiate le dichiarazioni nel ricorso); che non v'è traccia documentale del bonifico di 1000 Euro a favore di "(OMISSIS)" del 9 maggio 2014, mentre il bonifico di 1000 Euro del 17 giugno 2014 è stato ritenuto dal Tribunale un finanziamento lecito.

5.22. Nei due distinti atti depositati via PEC dagli avv.ti Giuseppe Stellato e Chiara Lazzari, D.L.P. deduce motivi aggiunti con cui denuncia l'inutilizzabilità delle intercettazioni disposte dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in epoca anteriore al 9 aprile 2014 nell'ambito di un diverso procedimento per il delitto di estorsione aggravata a carico di ignoti, del tutto autonomo e svincolato da quello in oggetto, intercettazioni rilevanti in relazione alle imputazioni sub capi ii), hh), ss) e tt). Rimarcano i difensori che l'eccezione di inutilizzabilità de qua, in quanto assoluta, è deducibile in ogni stato e grado del procedimento.

6. D.L.A. deduce le doglianze appresso sunteggiate.

6.1. Violazione di legge penale in relazione all'art. 346-bis c.p. e correlativo vizio di motivazione con riferimento al capo z), per avere la Corte d'appello ritenuto integrato il delitto in assenza di prova di un qualunque accordo tra il ricorrente e il Sindaco D.L. al fine di ottenere, attraverso l'intercessione presso l'Onorevole Al.Gi., la concessione di depositi originariamente appartenenti all'Esercito Italiano, oggetto di dismissione. Evidenzia che la smilitarizzazione dell'area costituiva elemento fondante il programma politico del Sindaco D.L. sin dal 2002, sicchè costituisce una congettura il fatto che la messa a disposizione di tali depositi del ricorrente sia dipesa dalla dazione di 1000 Euro all'associazione "(OMISSIS)".

6.2. Violazione di legge penale in relazione agli artt. 319 e 321 c.p. con riferimento al capo dd), per avere la Corte territoriale ritenuto integrata la vicenda corruttiva de qua sulla scorta di due intercettazioni (n. 36237 del 17 giugno 2014 e n. 36447 del 18 giugno 2014, i cui passaggi sono stati ripercorsi nel ricorso) le quali - anche alla luce dei chiarimenti offerti dagli imputati - appaiono riferiti ad altri affari (riguardanti tale P.M. e l'allagamento dell'appartamento di tale F.). Il ricorrente rimarca che, per tale fatto, il Sindaco D.L. è stato assolto in appello; che dalle intercettazioni non emergono promesse di corresponsione di denaro o altra utilità al Sindaco D.L. nè elementi comprovanti il sinallagma richiesto dalla fattispecie incriminatrice; che i Giudici hanno valorizzato le dichiarazioni rese e poi ritrattate da D.L.A. senza argomentare in ordine al collegamento fra le presunte assunzioni e l'intervento del Sindaco nella vicenda in esame; che il Collegio di merito ha omesso di motivare in ordine alla reazione del ricorrente a seguito dell'accertamento di irregolarità in sede di sopralluogo.

6.3. Violazione di legge in relazione all'art. 62-bis c.p., art. 81 c.p., comma 2, artt. 132 e 133 c.p. e il correlativo vizio di motivazione, per avere il Collegio del gravame omesso di valutare le ammissioni, sia pure parziali, dell'imputato, così da "personalizzare" il trattamento sanzionatorio.

7. D.R.G. e R.A. invocano l'annullamento della sentenza resa nei loro confronti per i motivi di seguito sunteggiati.

7.1. Vizio di motivazione in ordine al mancato esame della consulenza tecnica e della deposizione del consulente sui contenuti della stessa sebbene relativi a circostanze idonee a scardinare la qualificazione giuridica del fatto. Sottolineano, in particolare, i ricorrenti che la consulenza tecnica della difesa ha dimostrato che l'area in questione non poteva ritenersi soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta e che la costruzione dell'impianto di autolavaggio non richiedeva il permesso di costruire, di tal che il titolo edilizio - la SCIA - richiesto da R.A.M. non può ritenersi illegittimo.

7.2. Violazione di legge in relazione all'art. 319 c.p., per avere la Corte d'appello confermato il giudizio di penale responsabilità per la corruzione sub capo t) nonostante l'assenza dei presupposti del delitto. I ricorrenti sottolineano che, per un verso, risulta indimostrato il presupposto di fatto che il compenso pagato all'Arch. A. costituisse il frutto della corruzione e non il pagamento di un'attività professionale effettivamente svolta per la preparazione della SCIA (assolutamente legittima per le ragioni illustrate al motivo che precede), in linea con le tariffe professionali, dunque in assenza del sinallagma tra dazione e atto contrario ai doveri d'ufficio; per altro verso, l'atto - in ipotesi - oggetto di mercimonio era del tutto privo di natura provvedimentale.

In ogni caso, in capo ai corruttori fa difetto il dolo e l'intera vicenda risulta riconducibile nell'alveo 316 c.p., il che rende non punibile l'extraneus in errore circa il carattere indebito della propria dazione.

7.3. Violazione di legge in relazione all'art. 110 c.p., per avere i Giudici della cognizione ravvisato il concorso di D.R.G. nel reato in assenza di prova di un qualunque contributo morale al fatto posto in essere dalla coniuge R.A.M.. Evidenzia la difesa come la R., per propria ammissione, abbia deciso di intraprendere la nuova attività - stabilendo i contatti con i possibili locatori e recandosi dall' A. al fine di ottenere delucidazioni - e come D.R. si sia limitato ad intrattenere tre telefonate con l' A., di natura meramente informativa.

8. S.A. e S.S. muovono i rilievi di seguito illustrati.

8.1. Per il solo S.S. in relazione al capo ss), violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 323 c.p. e artt. 192 e 530 c.p.p. e correlativo vizio di motivazione, per avere la Corte d'appello omesso di motivare in ordine alla ritenuta integrazione dei presupposti dell'abuso d'ufficio. Sottolinea il ricorrente come la sentenza impugnata sia affetta da vizi motivazionali in relazione alla ritenuta "istigazione" di S.S. nei confronti di D.L.P., alla ravvisata assenza di responsabilità di D.M.A. per mancata dimostrazione della "istigazione" perpetrata nei riguardi di D.L.P. ed all'omessa valutazione delle dichiarazioni rese dal D.M. tali da escludere qualunque concorso nel fatto di S.S. nonchè delle dichiarazioni rese da A.F. e M.B.. Aggiunge la difesa che i Giudici d'appello hanno inspiegabilmente glissato sul tema - assolutamente centrale - rappresentato dalla omessa realizzazione dei circoli del "(OMISSIS)" che costituivano la contropartita della ipotizzata istigazione funzionale alla perpetrazione del contestato al reato d'abuso d'ufficio. Sotto diverso aspetto, il difensore sottolinea che, secondo la nuova formulazione dell'art. 323 c.p., è escluso il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità anche c.d. tecnica della pubblica amministrazione, essendo la potestà di controllo del Giudice penale ammissibile soltanto rispetto all'attività vincolata, non ravvisabile nella specie, di tal che il fatto risulta non punibile.

8.2. Con riguardo alla posizione di entrambi i ricorrenti quanto al capo tt), la violazione di legge in relazione agli artt. 110, 319 e 321 c.p. e artt. 192 e 530 c.p.p. e correlativo vizio di motivazione.

Rileva la difesa che il Collegio territoriale è incorso in plurimi vizi motivazionali là dove, da un lato, ha omesso di motivare quanto alla ritenuta sussistenza dell'accordo corruttivo, alla condotta di "istigazione" posta in essere dagli imputati nei riguardi di D.L.P. e alla mancata attivazione dei circoli del "(OMISSIS)"; per altro verso, ha sviluppato considerazioni intrinsecamente contraddittorie allorchè ha confermato il giudizio di penale responsabilità in ordine al reato ex artt. 319 e 321 c.p. di cui al capo tt) nonostante: a) la ritenuta insussistenza del reato di turbativa d'asta - costituente presupposto della contestata ipotesi costruttiva; b) il giudizio liberatorio espresso a favore di B.A., nei confronti del quale - secondo l'ipotesi accusatoria - D.L.P. avrebbe agito quale "istigatore" ai fini del compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio, consistente nell'inserimento nel bando di requisiti atti a consentire l'affidamento del servizio di distribuzione dei kit per la raccolta differenziata alla ditta "Ecomondo" in assenza dei requisiti di legge, gara (giusta decisione assunta in relazione al capo uu) ritenuta invece non turbata; c) l'omessa costituzione dei circoli del "(OMISSIS)". In ultimo, la difesa sottolinea il vuoto motivazionale quanto all'ipotizzato accordo corruttivo e all'individuazione del momento perfezionativo di esso.

8.3. Con riguardo alla posizione di entrambi i ricorrenti, la violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 323 c.p. e artt. 192, 530, 533 e 546 c.p.p. e correlativo vizio di motivazione, per avere i Giudici della cognizione violato il parametro di giudizio del oltre ogni ragionevole dubbio nel pronunciare la condanna in assenza di una prova certa del patto corruttivo. Rimarca la difesa che, in ogni caso, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'atto oggetto del patto corruttivo deve rientrare nelle competenze d'ufficio o del soggetto agente, in relazione al quale egli eserciti o possa esercitare una forma di ingerenza sia pure di fatto.

8.4. Con riguarda la posizione di entrambi i ricorrenti, la violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis, 132 e 133 c.p. e correlativo vizio di motivazione, per avere il Collegio di merito denegato l'invocata applicazione delle circostanze attenuanti generiche del tutto immotivatamente, limitandosi a valutare in senso negativo la gravità delle condotte e trascurando di tenere in considerazione gli elementi dedotti sul punto nell'atto d'appello (soprattutto l'erronea attribuzione da parte del Tribunale a carico di S.A. di precedenti penali di un soggetto omonimo).

8.5. Nei motivi nuovi depositati via PEC dall'avv. Mario Griffo Antonio, A. e S.S. eccepiscono l'inutilizzabilità delle intercettazioni disposte dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in epoca anteriore al 9 aprile 2014 in altro procedimento, in quanto concernenti il delitto di estorsione aggravata a carico di ignoti del tutto autonomo e svincolato dai fatti oggetto di contestazione a carico dei ricorrenti.
Motivi della decisione

1. Deve essere preliminarmente sgombrato il campo dall'eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni disposte dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in altro procedimento, dedotta con i motivi aggiunti dalle difese di D.L.P. e di A. e S.S..

1.1. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte Suprema è inammissibile il motivo nuovo di ricorso, presentato ai sensi dell'art. 585 c.p.p., comma 4, che abbia ad oggetto un punto della decisione non investito dall'atto di ricorso originario, atteso che in tale caso opera la preclusione prevista dall'art. 167 disp. att. e trans.; ciò quand'anche la deduzione riguardi l'inutilizzabilità prevista dall'art. 191 c.p.p., comma 2, occorrendo pur sempre che l'eccezione venga proposta con l'atto di ricorso principale (fattispecie -sovrapponibile a quella in oggetto - relativa alla inutilizzabilità del risultato delle intercettazioni dedotta solo come motivo nuovo) (Sez. 1, n. 33662 del 09/05/2005, Ballacchino, Rv. 232406-01; conf. Sez. 5, n. 14991 del 12/01/2012, Strisciuglio, Rv. 252320 - 01).

1.2. Nel caso di specie, le difese dei predetti ricorrenti non hanno proposto, nelle impugnazioni originarie, alcuna questione concernente la censurata utilizzabilità delle intercettazioni. E ciò sebbene il principio di diritto sul quale poggia la deduzione processuale sia stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza del 28 novembre 2020, ric. Cavallo, con motivazione depositata il 2 gennaio 2020, dunque finanche prima che la decisione in verifica fosse resa. L'eccezione di inutilizzabilità risulta pertanto extra devolutum e non delibabile da questa Corte.

In ogni caso, non può sottacersi che la soluzione dell'eccezione imporrebbe la disamina di questioni di fatto, non espletabile da questo Giudice di legittimità.

2. Tanto premesso, occorre rilevare in linea generale come debbano ritenersi inammissibili quei motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione dei rilievi già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, Arnone e altri, Rv. 243838).

2.1. D'altro canto, va riaffermato che, col ricorso per cassazione, non sono coltivabili quei rilievi che, sia pure sotto il formale richiamo alla violazione di legge ovvero alla contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, siano in effetti tesi a sollecitare una rivalutazione in questa sede delle emergenze processuali e, dunque, una ricostruzione della vicenda sub iudice diversa, e stimata più plausibile, di quella recepita in sentenza, sospingendo questa Corte ad un sindacato eccentrico rispetto a quello di legittimità, limitato alla verifica della completezza e dell'insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074).

2.2. Deve inoltre essere ribadito il principio più volte espresso da questa Corte regolatrice secondo cui, ai fini del controllo di legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico-giuridici della prima sentenza, concordino nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri, Rv. 257595).

Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorchè i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall'appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico - giuridici della decisione, ma anche, ed a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (da ultimo, Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 12/04/2012, Rv. 252615).

2.3. Va altresì rammentato che, a fronte della duplice condanna in primo ed in secondo grado (c.d. doppia conforme), il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purchè specificamente indicati dal ricorrente, non può essere coltivato dinanzi a questa Corte, se non nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018-01; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837).

3. Di tali regulae iuris non hanno tenuto conto tutti i ricorrenti (salvo che per quanto si dirà quanto alle posizioni di B.M. e D.S.A. nonchè di D.L.P., con esclusivo riguardo alla determinazione dell'aumento per la continuazione), là dove hanno riprodotto dinanzi a questa Corte le stesse deduzioni già coltivate nel giudizio di gravame, ricalcando spesso - anche graficamente - le medesime argomentazioni, senza alcun sforzo di sintesi e senza un reale ed effettivo confronto con il - convincente - argomentare dei Giudici della cognizione di primo e di secondo grado, per dimostrarne le lacune motivazionali o le discrasie logiche ovvero gli errori in diritto. Il che, per quanto già rilevato, rende le doglianze estrinsecamente aspecifiche.

3.1. D'altro conto, il richiamo ai contenuti delle diverse prove acquisite nei due gradi del processo di merito con la sollecitazione ad una rilettura delle emergenze in un senso diverso, stimato più plausibile di quello recepito, tradisce un chiaro fraintendimento del ruolo e della funzione di controllo assegnata a questa Corte, limitata alla constatazione di errori in diritto, sostanziale e processuale (cui si riconduce la mancata assunzione di una prova decisiva), ovvero di vizi radicali dell'impianto argomentativo, terreno da cui rimangono dunque aliene la diretta interpretazione e valutazione delle prove assunte, riservate ai giudici della cognizione.

3.2 Non può inoltre non essere ribadito che, in tema di registrazione di conversazioni effettuata da un privato, l'interpretazione e la valutazione del contenuto dei dialoghi intercettati costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepiti (Sez. 1, n. 54085 del 15/11/2017, Quaranta, Rv. 271640-01) e che in sede di legittimità è possibile prospettare un'interpretazione del significato di un'intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza di travisamento della prova, ossia nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017 - dep. 2018, Di Maro, Rv. 272558-01).

3.3. Infine, quanto ai vizi motivazionali lamentati da taluni dei ricorrenti, non può non essere ricordato il consolidato principio di diritto secondo cui, in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell'art. 606, comma 1 lett. e), la denunzia di minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all'annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l'esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988-01).

Come si vedrà meglio nel prosieguo, i Giudici del gravame non si sono sottratti dal prendere in esame le circostanze - in fatto e in diritto - che gli appellanti hanno sottoposto al proprio vaglio, nè i ricorrenti hanno comunque indicato gli specifici elementi dedotti in ipotesi trascurati dal Collegio di merito aventi valenza disarticolante dell'intero ragionamento logico-argomentativo sviluppato nel provvedimento in verifica. Tanto vale in particolare in risposta alle considerazioni svolte dalla difesa di D.L.P. (motiv0o sub punto 5.21 del ritenuto in fatto).

4. Dato brevemente atto delle ragioni della ritenuta inammissibilità di tutti i motivi proposti dai ricorrenti (con le eccezioni già sopra segnalate), si può passare all'analisi delle questioni dedotte dai ricorrenti.

4.1. Quanto ai ricorsi proposti da B.M. e D.S.A., giova premettere che le imputazioni sub capi bb) e dd) riguardano le condotte da essi serbati, nella qualità di Vigili Urbani del Comune di (OMISSIS), in occasione dei due sopralluoghi eseguiti presso il complesso immobiliare - villette a schiera - in (OMISSIS) in una frazione di (OMISSIS) oggetto di opere di costruzione da parte di D.L.A. sul terreno di proprietà di P.N., opere nelle quali venivano realizzate delle difformità rispetto al progetto depositato, trasformando 6i parti non abitabili (garage) in locali abitabili (tavernette) e conseguente aumento di volumetria, opere poi sottoposte a sequestro il 10 marzo del 2015. Di tali irregolarità, attestate nella relazione del consulente del pubblico ministero Ing. Fuschetti ed ammesse dallo stesso costruttore D.L.A. nell'interrogatorio del 14 aprile 2015, non dava invece conto il Dirigente dell'Ufficio Tecnico A.F. nel corso del sopralluogo effettuato nel dicembre 2013 a seguito del quale veniva rilasciato il permesso a costruire, con ciò ratificando la modifica e procurando al D.L. un indebito vantaggio patrimoniale rappresentato dall'aumento di valore degli immobili di cui al complesso edilizio, in violazione della legge della Regione Campania n. 15 del 2000 e successive modifiche ed integrazioni.

4.2. In particolare, sub capo bb), è contestato a B. e D.S. di avere omesso di procedere al sequestro preventivo dei seminterrati nonostante la constatazione del cambio di destinazione d'uso comprovato dalla presenza in detti locali di impianti tecnologici coerenti con l'utilizzo a fini abitativi, in occasione del sopralluogo da essi effettuato unitamente al Direttore dell'Ufficio Tecnico Comunale A.F. nel dicembre 2012.

A conferma della condanna per tale capo, la Corte d'appello ha richiamato le - condivise - argomentazioni svolte dal Giudice di primo grado e, nel dare risposta alle doglianze mosse con l'appello, ha rimarcato che, allorchè i pubblici ufficiali effettuavano il sopralluogo assieme al Dirigente A., l'abuso edilizio era certamente rilevabile (come dichiarato nel corso del dibattimento dal teste Af.Cl., che aveva eseguito i lavori di rifinitura presso gli immobili del cantiere); che, contrariamente a quanto dedotto dalle difese, gli imputati non erano chiamati a svolgere un mero "supporto accompagnatorio-logistico" al Tecnico Comunale incaricato di svolgere gli accertamenti sugli immobili, atteso che essi erano stati incaricati dal Comando della Polizia Municipale di effettuare un sopralluogo nel complesso immobiliare di via Polvica con l'ausilio del Dirigente Tecnico Arch. A.; che, pertanto, gravava su di essi - in quanto agenti della Polizia Municipale - l'obbligo di accertare lo stato dei luoghi e di relazionare quanto verificato durante il sopralluogo, con particolare riguardo alla presenza di impianti tecnologici dei quali poter desumere la modifica abusiva della destinazione d'uso dei seminterrati dell'immobile da garage a tavernette, a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 27, e dunque adeadottare i "provvedimenti conseguenti", segnatamente il sequestro del manufatto come oggetto di contestazione. Il Collegio di merito ha poi rilevato - con una considerazione non manifestamente illogica - che la circostanza che i due Vigili dessero impulso all'attività di controllo con debita richiesta di sopralluogo nel successivo luglio aggrava la loro posizione, confermando la loro consapevolezza circa l'irregolarità dei lavori edilizi del complesso residenziale (v. pagine 51 e seguenti della sentenza in verifica e v. pagine 98 e seguenti della richiamata sentenza di primo grado).

Corretto in diritto è il precipitato giuridico della convincente ricostruzione storico-fattuale della vicenda, là dove i Giudici della cognizione hanno stimato corretta la sussunzione della condotta sub capo bb) nel delitto di omissione di atti d'ufficio. Non è, invero, revocabile in dubbio che i Vigili Urbani addetti al controllo del settore edilizio rivestano la qualità di agenti di polizia giudiziaria, ai sensi della L. 7 marzo 1986, n. 6, art. 5 (Sez. 3, n. 39713 del 18/09/2003, Magnotta, Rv. 226579-01), di tal che integra una condotta omissiva, rilevante ai fini della sussistenza del reato di cui all'art. 328 c.p., la mancata adozione da parte di essi, in quanto agenti o ufficiali di polizia giudiziaria, del provvedimento di sequestro che si renda necessario per impedire la prosecuzione della condotta criminosa o l'aggravamento della conseguenze di essa, trattandosi di atto di ufficio che per ragione di giustizia va compiuto senza ritardo (Sez. 6, n. 24626 del 15/04/2003, Zurzolo, Rv. 225573-01).

Ineccepibilmente la Corte territoriale ha notato come la presenza del Dirigente Tecnico Arch. A. non potesse sollevare gli imputati dall'obbligo di adempiere all'ordine di servizio loro impartito dal Comando della Polizia Municipale di effettuare il sopralluogo, di verificare e di relazionare in ordine allo stato dei luoghi (con particolare riguardo alla presenza di eventuali violazioni ambientali o urbanistiche) nonchè di adottare i provvedimenti conseguenti di loro competenza in caso di riscontro di abusi edilizi, in quanto agenti di polizia giudiziaria.

Scevro da vizi coltivabili dinanzi a questa Corte è anche l'ulteriore passaggio argomentativo nel quale il Collegio ha rilevato come l'assoluzione di A.F. da tale imputazione da parte del Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere non possa produrre riverberi diretti sulla posizione degli altri imputati, stante l'autonomia delle posizioni dei concorrenti (v. pagina 56 della sentenza in verifica).

Vale la pena di rilevare che la condotta di omessa redazione del verbale di sopralluogo e della relazione recante la descrizione degli abusi presenti sul cantiere, cui hanno fatto cenno i decidenti di merito, oltre a non essere riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 328 c.p. (come si vedrà appresso), fuoriesce comunque dalla cornice della contestazione in fatto di cui al capo bb).

4.3. Sub capo dd), è stato originariamente contestato ai ricorrenti ci(concorso nella corruzione ex artt. 319 e 321 c.p., per avere ricevuto denaro o altra utilità da parte del costruttore D.L.A. e dei proprietari dell'area V. e P.N., per omettere l'atto del loro ufficio consistente nella redazione del verbale di sopralluogo con indicazione delle violazioni edilizie riscontrate e nella successiva comunicazione del verbale al Responsabile dell'Ufficio Tecnico Comunale per l'adozione dei necessari provvedimenti inibitori, in occasione del sopralluogo del giugno 2014.

Come si è già dato conto in premessa, il Giudice dell'udienza preliminare ha derubricato nei confronti dei due ricorrenti l'originaria contestazione di corruzione propria nel delitto di cui all'art. 328 c.p., rilevata l'assenza di prova di un patto corruttivo a monte dell'omessa redazione del doveroso verbale di sopralluogo, conseguente dall'inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni rese in merito ai "retroscena" della vicenda - dal costruttore D.P.A. (al riguardo, si veda infra nel paragrafo 8.1).

Nel riconoscere la penale responsabilità degli imputati per il reato de quo, i decidenti di merito di primo e di secondo grado hanno attentamente ripercorso le dichiarazioni - sostanzialmente convergenti - rese dai testi operai sul cantiere R.R., R.V. e R.C., evidenziando come i testi abbiano riferito che, in occasione del sopralluogo del giugno 2014, i due Vigili Urbani (riconosciuti da essi appunto nei due ricorrenti) sul cantiere avevano rappresentato l'intenzione di far disporre la sospensione dei lavori del cantiere e di chiedere l'abbattimento di tutta la struttura a causa di diverse irregolarità riscontrate, ma - nonostante tali premesse - avevano poi omesso di redigere il doveroso verbale di sopralluogo (v. pagine 110 e seguenti della sentenza di primo grado e pagine 74 e 75 della sentenza impugnata).

Ferma l'assenza di vizi rilevanti nel giudizio di legittimità quanto alla ricostruzione storico-fattuale della vicenda, reputa la Corte nondimeno fondati i rilievi mossi dalla difesa quanto alla qualificazione giuridica del fatto. Come si è appena rilevato, la contestazione in fatto - validata dai Giudici della cognizione concerne l'omessa redazione del verbale di sopralluogo sul cantiere di D.L.A. attestante l'abuso edilizio in oggetto, da comunicare al Responsabile dell'Ufficio Tecnico comunale per l'adozione dei provvedimenti inibitori conseguenti (segnatamente dell'ordinanza di sospensione).

Diversamente dall'imputazione sub capo bb), nel caso in oggetto, la contestazione elevata dalla pubblica accusa come ridefinita in fatto dai Giudici di merito riguarda - non la mancata adozione da parte dei ricorrenti di un atto d'ufficio che i Vigili Urbani erano tenuti a porre in essere per ragioni di giustizia bensì la mera omissione del rapporto relativo all'abuso edilizio integrante reato, di cui essi dovevano riferire all'A.G. ed agli altri soggetti competenti per le violazioni urbanistico-edilizie a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 27, comma 4.

La condotta de qua non può pertanto essere sussunta nell'ipotesi di cui all'art. 328 c.p., ma configura piuttosto il reato di cui all'art. 361 c.p., comma 2.

Riqualificato in detti termini il reato sub capo dd), la sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ai fini della nuova determinazione della pena per detto capo, fermo restando l'accertamento della penale responsabilità degli imputati in ordine ad entrambe le imputazioni loro elevate, ormai coperto dal giudicato.

5. Sono inammissibili i ricorsi di C.A. e C.C..

5.1. Preliminarmente deve essere rilevato come la sentenza del Tribunale Amministrativo della Campania del 5 giugno 2020 prodotta dalla difesa in allegato al ricorso - oltre a non essere ancora definitiva - non sia stata delibata dai Giudici di cognizione in quanto resa in un momento successivo alla pronuncia della decisione impugnata, di tal che si appalesa extra devolutum e non valutabile in questa sede.

Si tratta pertanto di elemento che, ove divenuto irrevocabile, potrà, se del caso, essere posto a base della richiesta di revisione per il capo n).

5.2. Tanto premesso, va ribadita la valutazione in termini di inammissibilità delle doglianze mosse dai ricorrenti in quanto debordanti dai limiti dello scrutinio di legittimità.

D'altro canto, la motivazione svolta dai Giudici della cognizione a fondamento del giudizio di penale responsabilità espresso a carico dei due ricorrenti si appalesa scevra da qualunque vizio coltivabile in questa sede.

Ed invero, dopo avere preliminarmente dato conto degli elementi a carico (documenti relativi alla pratica SCIA presentata per la costruzione dell'autolavaggio dei C.; normativa di riferimento quanto alla classificazione dell'area ed al divieto di edificabilità; dichiarazioni rese da C.F., M.A., P.V., gli interrogatori resi dagli imputati dinanzi al P.M. nonchè le conclusioni del consulente della difesa Arch. V.F.), i Giudici di merito hanno illustrato - con considerazioni corrette in diritto ed immuni da irragionevolezza - le ragioni per le quali l'impianto di autolavaggio dei C. dovesse considerarsi quale "nuova costruzione", la cui realizzazione imponeva pertanto il rilascio del permesso di costruire a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, non potendo l'attività in oggetto considerarsi pertinenziale rispetto al commercio di autoveicoli, in ossequio alla richiamata giurisprudenza del Consiglio di Stato.

Quanto all'elemento soggettivo, hanno efficacemente aggiunto che mai gli imputati si sarebbero, d'altronde, determinati consegnare la somma di 1000 Euro in contanti ed a impegnarsi a corrispondere ulteriori 3000 Euro al Dirigente dell'Ufficio Tecnico A.F. se non avessero avuto la piena consapevolezza dell'illegittimità dell'opera (v. pagine 23 e seguenti della sentenza impugnata e pagine 52 -75 della richiamata sentenza di primo grado).

5.3. Corrette risultano anche le considerazioni in diritto e, in particolare, la conferma della qualificazione giuridica del fatto sub capo m) quale corruzione e non quale induzione indebita (come sollecitato dalla difesa).

Ed invero, i Giudici della cognizione hanno solitamente poggiato l'inquadramento della fattispecie ex art. 319 c.p. sull'attenta ricostruzione storico-fattuale della vicenda, evidenziando come da essa sia aliena qualunque condotta di prevaricazione abusiva da parte del pubblico ufficiale e come le parti contrapposte si siano poste su di un piano di parità nella realizzazione di un comune obbiettivo illecito, secondo lo schema proprio del patto corruttivo (v. pagina 28 della sentenza in verifica).

5.4. Parimenti ineccepibile è anche la ritenuta integrazione del falso ideologico ex artt. 48 e 479 c.p. sub capo r), là dove la Corte ha esaustivamente illustrato le ragioni in fatto ed in diritto in forza delle quali abbia stimato che i due C. operassero, in concorso con il Dirigente A., quali "autori mediati" del falso ideologico allorchè istigavano o comunque inducevano il Geom. P.V. (responsabile a conclusione del procedimento amministrativo di autotutela) a firmare il provvedimento amministrativo del 4 agosto 2015 attestante circostanze false sulla scorta di mendaci attestazioni fornite dai prevenuti. Condotta d'altronde in chiara continuità con il reato di corruzione sub capo m).

6. Come anticipato, sono inammissibili anche i ricorsi proposti da De.Lu.An.Ma.Im. e F.T..

6.1. Mette conto di rilevare preliminarmente che i due ricorrenti sono stati rinviati a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 110 c.p. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 (Testo Unico dell'Edilizia) sub capo ff), per avere concorso con il costruttore D.L.A. e il proprietario dell'area edificata P. a realizzare l'abuso edilizio consistente nella trasformazione dei locali seminterrati non abitabili in locali invece destinati ad uso abitativo, con conseguente incremento di cubatura, in violazione del permesso di costruire.

All'esito della condanna di primo grado, la Corte d'appello ha dato conto della maturata prescrizione del reato e, nondimeno, scaturendo da tale condotta anche la responsabilità civile dei prevenuti (precisamente verso il Comune di (OMISSIS)), ha ineccepibilmente proceduto al vaglio di tutte le questioni dedotte, di natura processuale o sostanziale, che potessero avere un riverbero sugli effetti civili e, dunque, a valutare il compendio probatorio posto a base delle statuizioni civili, in ossequio alla lezione ermeneutica impartita dal più ampio consesso di questa Corte (v. Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244273).

6.2. In particolare, nel richiamare e fare proprie le condivise valutazioni già espresse dal Giudice di primo grado, la Corte territoriale ha evidenziato come risulti provato che i due imputati si recavano sul cantiere più volte e ben prima della sottoscrizione del contratto, che F. dava al D.L. specifiche istruzioni circa i materiali da utilizzare per le scale di collegamento dal seminterrato al piano terra e, soprattutto, che al contratto preliminare veniva allegata una piantina catastale attestante uno stato di progetto diverso dallo stato di fatto, con particolare riguardo alla destinazione dei locali seminterrati indicati quali locali di sgombero, dunque non abitabili, a locali adibiti ad uso abitativo, con conseguente incremento della cubatura. Condotte non irragionevolmente stimate dimostrative del contributo di entrambi i ricorrenti alla prosecuzione dell'abuso edilizio in oggetto (v. pagine 107 e 108 della sentenza di primo grado e pagine 57 e seguenti della decisione in verifica).

Non è revocabile in dubbio che il momento consumativo del reato in oggetto si perfezioni con il compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento. Ciò nondimeno l'aspetto del momento consumativo del reato niente ha a che vedere con l'accertamento della responsabilità di tutti coloro che abbia concorso o cooperato nel reato, che appunto dipende - secondo le regole generali fissate dall'art. 110 c.p. dalla prova del contributo materiale o anche solo morale al perfezionamento della condotta criminosa. Contributo anche solo morale che i Giudici della cognizione hanno convincentemente reputato provato con riguardo ad entrambi i coniugi De.Lu. e F..

7. Anche il ricorso di D.L.A. è inammissibile.

7.1. I primi due motivi con cui il ricorrente si duole della ritenuta penale responsabilità in ordine ai reati di traffico di influenze illecite sub capo z) (così derubricata l'originaria contestazione di corruzione propria) e di corruzione propria sub capo dd) costituiscono mera riproduzione di doglianze già coltivate con l'appello ed esaurientemente disattese dal Collegio di merito e, in ogni caso, sviluppano rilievi chiaramente sul piano del merito.

7.2. In particolare, la prima contestazione riguarda l'impegno assunto dal Sindaco D.L.P. di intervenire presso il sottosegretario della difesa Onorevole Al.Gi. al fine di far ottenere all'imprenditore D.L.A. la concessione di alcuni depositi originariamente appartenenti all'Esercito Italiano e oggetto di dismissione, in cambio di utilità rappresentate da un bonifico di 1000 Euro sul conto corrente dell'associazione "(OMISSIS)" nonchè dall'assunzione di alcune persone indicate dal Sindaco presso le ditte dell'imprenditore "Antares s.r.l." e "DL Group", così da procurarsi il consenso elettorale in vista delle elezioni regionali.

La motivazione svolta dai Giudici della cognizione al riguardo si appalesa solidamente ancorata alle emergenze processuali e sorretta da un percorso inferenziale solido e coerente. I decidenti di merito hanno invero attentamente ricostruito la vicenda sub iudice sulla base delle emergenze delle intercettazioni, delle dichiarazioni dell'On. Al.Gi. e delle stesse ammissioni fatte da D.L.A. nell'interrogatorio del 4 marzo 2015, poi non confermate nel dibattimento (ove egli si è avvalso della facoltà di non rispondere ex art. 210 c.p.p.) e stimate, pertanto, utilizzabili soltanto contra se e non anche erga omnes (v. pagine 110 e seguenti della sentenza di primo grado e pagine 67 e seguenti della sentenza impugnata). Con considerazioni puntuali e coerenti, hanno escluso che l'allegato interesse pubblicistico sotteso alla dismissione dell'area non possa ritenersi di per sè sufficiente ad escludere il reato, rimarcando come il Sindaco D.L. strumentalizzasse l'interesse pubblico in vista della realizzazione dell'interesse del privato (richiamando sul punto le dichiarazioni dell'On. Al. ed il contenuto delle intercettazioni tra D.L.A. e D.L.P.) e la stretta contiguità temporale fra gli incontri tra D.L.P. e Al. e le elargizioni dell'imprenditore alla campagna elettorale del Sindaco D.L.P. (v. pagine 67 e seguenti della sentenza impugnata).

Risulta corretta anche la derubricazione del fatto da corruzione a traffico di influenze illecite. La Corte d'appello ha invero giustificato l'assegnazione di un diverso nomen iuris in considerazione del fatto che, nella specie, l'intervento del pubblico ufficiale (il Sindaco D.L.P.) in esecuzione dell'accordo illecito non aveva comportato l'attivazione dei poteri istituzionali propri del suo ufficio, nè in qualche maniera a questo ricollegabile, ed il pactum era invece destinato ad incidere nella sfera di attribuzione di un pubblico ufficiale terzo (id est l'On. Al.) rispetto al quale il soggetto era assolutamente carente di potere funzionale, essendo il Sindaco privo di qualunque potere decisorio in merito alla dismissione dell'area militare ed alla gestione degli immobili in essa presenti. Sotto diverso aspetto, il Collegio di merito ha sottolineato come non vi sia prova della partecipazione all'accordo corruttivo dell'On. Al., il quale - anzi - proprio in ragione delle continue richieste di interessamento per il capannone dell'area militare e del comportamento poco lineare del Sindaco, prendeva le distanze dal Sindaco D.L., facendo saltare la candidatura di quest'ultimo alle elezioni regionali del 2015.

Così ricostruita la fattispecie concreta, ineccepibilmente i Giudici di merito hanno dunque stimato integrato il delitto di traffico di influenze - e non anche il contestato reato di corruzione - essendo il denaro e le utilità erogate dall'imprenditore D.L. al Sindaco finalizzate, non ad ottenere un atto dell'ufficio di quest'ultimo, ma soltanto a retribuire l'opera di mediazione illecita verso un altro agente pubblico, senza alcun coinvolgimento di quest'ultimo nel patto corruttivo. Mediazione illecita dietro corrispettivo, ma senza un diretto coinvolgimento del destinatario delle influenze, che appunto sostanzia il delitto di cui all'art. 346-bis c.p..

7.3. Scevra da vizi coltivabili in questa sede è anche la trama argomentativa intessuta dal Collegio territoriale a conferma del giudizio di penale responsabilità in ordine al capo sub capo dd), in cui è contestato a D.L.A. il delitto di corruzione per avere versato somme ai Vigili Urbani B. e D.S. perchè non redigessero il verbale di sopralluogo con l'indicazione degli abusi edilizi presenti nel cantiere (di cui si è già trattato supra in relazione alle posizioni degli stessi B. e D.S.).

A tale proposito, i Giudici della cognizione hanno scrupolosamente ricostruito i fatti sulla scorta delle emergenze delle indagini, delle dichiarazioni dei testimoni (in particolare dei R.) e, con esclusivo riguardo alla posizione di D.L.A., delle dichiarazioni ammissive del patto corruttivo rese dallo stesso e non confermate nel dibattimento (ove egli si è avvalso della facoltà di non rispondere) e stimate, pertanto, utilizzabili soltanto contra se (v. pagine 110 e seguenti della sentenza di primo grado e pagine 77 e seguenti della sentenza in verifica).

Diverso compendio probatorio a disposizione dei decidenti di merito che appunto giustifica - in relazione a concorrenti nello stesso capo dd) - l'assoluzione del Sindaco D.L.P. dalla contestazione di corruzione e la derubricazione nel reato di omissione di referto quanto ai due Vigili Urbani.

A fronte del puntuale e non illogico discorso giustificativo quale emerge dalla lettura integrata delle motivazioni delle decisioni di primo e di secondo grado, i motivi di ricorso si risolvono in deduzioni di mero fatto con le quali si cerca di accreditare una diversa lettura delle emergenze delle intercettazioni e delle altre prove acquisite.

7.4. Il terzo motivo in punto di denegato riconoscimento nella massima estensione delle circostanze ex art. 62-bis e di commisurazione della pena (ad avviso della difesa non "personalizzata") promuove uno scrutinio su aspetti rimessi al discrezionale apprezzamento dei giudici di merito, pertanto insindacabile nella sede di legittimità allorchè non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrario Rv. 259142).

Arbitrio ed irragionevolezza che non sono certamente ravvisabili nel discorso giustificativo svolto in sentenza a fondamento della pena inflitta, nel quale il Giudice a quo ha esaustivamente evidenziato come l'imputato abbia già beneficiato delle circostanze attenuanti generiche in primo grado, sia pure non nella massima estensione, in considerazione della gravità della condotta di corruttela, del lungo rapporto con D.L.P. e dell'inclinazione dell'imputato, manifestata in occasione della vicenda di cui al capo z), a fare ricorso a qualunque mezzo pur di raggiungere il proprio obiettivo (v. pagina 156 della sentenza in rassegna).

8. Sono inammissibili anche le impugnazioni proposto nell'interesse di D.R.G. e R.A..

8.1. I ricorrenti sono imputati di concorso nella corruzione di cui agli artt. 110, 319 e 321 c.p. sub capo t), per avere versato una somma di denaro al Responsabile dell'ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS) Arch. A. affinchè compisse un atto contrario ai suoi doveri d'ufficio, consistente nell'autorizzare l'apertura dell'autolavaggio "(OMISSIS)" di R.A. nonostante esso insistesse su di una zona sottoposta vincolo idrogeologico e comunque in mancanza del doveroso permesso di costruire.

La difesa censura il giudizio di penale responsabilità sotto diverse angolazioni, contestando che l'impianto insistesse in un'area soggetta a vincolo di inedificabilità assoluta e che richiedesse il rilascio del permesso di costruire, evidenziando che non v'è prova che la somma versata all'Arch. A. costituisse il frutto della corruzione e non il pagamento di un'attività professionale effettivamente svolta per la preparazione della SCIA e che comunque non v'è prova del concorso di D.R.G. nel delitto.

8.2. Come già rilevato in premessa, si tratta di deduzioni già sottoposte al vaglio dei Giudici di merito e congruamente disattese nel provvedimento in verifica nonchè tese a promuovere una non consentita rivalutazione di merito.

I Giudici della cognizione hanno invero attentamente ricostruito la vicenda sulla scorta dei contatti telefonici attestati dai tabulati fra A.F. Dirigente dell'Ufficio Tecnico del Comune di (OMISSIS) - e i coniugi R. e D.R., del contenuto di alcune telefonate intercettate stimate rilevanti, della documentazione acquisita al processo e delle dichiarazioni degli stessi imputatA; hanno illustrato le ragioni tecniche per le quali l'impianto di autolavaggio richiedesse il permesso di costruire e non semplicemente una SCIA in sanatoria e rilevato come tale atto e la relazione a corredo fossero state predisposte su incarico degli imputati dal medesimo Dirigente dell'Ufficio Tecnico A.F.; hanno quindi notato come il pubblico ufficiale ricevesse una somma di denaro per realizzare un atto contrario ai doveri d'ufficio (il rilascio della SCIA atta a creare una parvenza di liceità dell'opera), dazione illegittima legata al patto corruttivo a prescindere dalla modestia della somma versata, inferiore rispetto alle tariffe professionali dell'epoca per quell'attività (v. pagine 80 e seguenti della sentenza di primo grado e pagine 38 e seguenti della sentenza in verifica).

8.3. La Corte d'appello si è espressamente soffermata sulla questione del dolo sottoposta con il gravame, evidenziando gli elementi obbiettivi e le ragioni per le quali non possa dubitarsi del fatto che i coniugi D.R. fossero pienamente consapevoli della illiceità della loro condotta. In particolare, il Collegio posto l'accento sul fatto che, per la preparazione della pratica (che, per quanto detto, non avrebbe potuto essere autorizzata, interessando l'attività commerciale un'area di inedificabilità assoluta), essi si rivolgevano non allo Sportello Unico del Comune, ma privatamente al Direttore dell'Ufficio Tecnico A.F., su suggerimento di alcuni conoscenti, e soprattutto non chiedevano a questi soltanto delle informazioni, ma si affidavano al medesimo per ottenere le certificazioni necessarie da allegare alla SCIA che lo stesso Ufficio Tecnico avrebbe poi dovuto verificare, realizzando un conflitto di interesse che avrebbe, fra l'altro, dovuto indurre il Dirigente A. ad astenersi ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 6 (v. pagina 38 della sentenza in verifica).

8.4. Contrariamente a quanto eccepito dai ricorrenti, i decidenti di merito, non si sono sottratti dall'argomentato confronto con le conclusioni del consulente tecnico della difesa (secondo cui l'autolavaggio non costituiva "nuova costruzione") illustrando le ragioni tecniche - poggiate sull'analisi degli strumenti urbanistici del Comune di (OMISSIS) - in forza delle quali, nel caso in oggetto, il documento autorizzativo predisposto dall' A. (id est la SCIA) non fosse idoneo a superare il vincolo di inedificabilità (v. pagine 80 e seguenti della sentenza di primo grado e pagine 40 e 41 e seguenti della sentenza in verifica).

8.5. Congruamente argomentato è anche il ravvisato coinvolgimento nella condotta delittuosa di d.R.G., là dove il Giudice a quo ha posto in luce come questi assumesse dapprima il ruolo di mediatore tra l'allora fidanzata R.A.M. e il tecnico A.F. e come successivamente affiancasse la coimputata negli incontri con l' A., rafforzandone il proposito criminoso, per poi intervenire direttamente nella gestione delle pratiche, come si evince dal contenuto delle richiamate intercettazioni riportate nella sentenza di primo grado (v. pagina 39 della sentenza in rassegna).

9. Sono inammissibili anche i ricorsi proposti da S.A. e S.S., in quanto - come già anticipato in premessa - reiterativi di questioni già coltivate nei precedenti gradi e comunque implicanti un sindacato di puro merito, non consentito nel giudizio di legittimità.

Il corredo motivazionale sviluppato dai Giudici di merito a sostegno del giudizio di penale responsabilità risulta, ad ogni modo, scevro da vizi riconducibili al novero di cui all'art. 606 c.p.p..

9.1. Nei confronti del solo S.S. è contestato sub capo ss) il delitto di cui agli artt. 110 e 323 c.p., per avere concorso quale extraneus nell'abuso d'ufficio commesso dal Sindaco D.L.P., quale istigatore, e dal Responsabile ad interim del Settore Ecologia A.F. nell'affidare in forma diretta, in evidente violazione di legge (segnatamente del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 125), alla ditta "(OMISSIS)" di Antonio D.M. il servizio di distribuzione di sacchetti di plastica per la raccolta dei rifiuti, con corresponsione del 10% dell'importo per tale servizio da parte del D.M. allo S. per il suo interessamento.

Entrambi i ricorrenti sono poi imputati del delitto di corruzione di cui al capo tt), per avere remunerato il Sindaco D.L.P. affinchè questi, istigando B.A. (Responsabile del servizio ecologia e ambiente ritenuto già dal Tribunale estraneo ai fatti), affidasse il servizio di distribuzione e fornitura dei kit per la raccolta differenziata alla ditta "Ecomondo" - facente capo de facto ai due fratelli S. - omettendo di verificare il possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 125, comma 12, dietro l'utilità rappresentata dalla fondazione da parte degli S. di due circoli politivi del "(OMISSIS)" nel Comune di (OMISSIS).

9.2. I Giudici di primo e di secondo grado hanno attentamente ricostruito la successione degli eventi che avevano visto dapprima affidare in forma diretta alla società "(OMISSIS) s.r.l." il servizio di distribuzione dei sacchetti di plastica per la raccolta di rifiuti nel Comune di (OMISSIS), da parte del responsabile ad interim del settore ecologia Felice A., in violazione delle norme di cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 125; poi la società "(OMISSIS)" rinunciare all'espletamento dell'incarico di fornitura il giorno immediatamente successivo a quello in cui la società "Ecomondo" gestita di fatto dagli S. aveva proposto al medesimo Comune un progetto di distribuzione automatica di sacchetti e, quindi, la società "(OMISSIS)" inviare alla "Ecomondo" una nota con la quale si dava conto del subentro di quest'ultima, ancora prima che l'amministrazione comunale assumesse alcuna decisione ufficiale in merito e formalizzasse (con la determina del 7 gennaio 2014 del funzionario ingegnere B.A.) detto affidamento; affidamento diretto alla "Ecomondo" successivamente prorogato. I decidenti di merito hanno notato come la gara successivamente bandita per l'affidamento del medesimo servizio di distribuzione di sacchetti di plastica per la raccolta di rifiuti fosse preceduta dall'invito a partecipare a cinque aziende (fra cui la rinunciante "(OMISSIS)") e si concludesse con l'affidamento del servizio alla "Ecomondo" (nelle pagine 265 e seguenti della sentenza di primo grado).

9.3. Con specifico riguardo al capo ss), il Tribunale e la Corte d'appello hanno fondato il giudizio di penale responsabilità innanzitutto sulle dichiarazioni rese dall'imputato D.M.A. (gestore di fatto della "(OMISSIS) s.r.l." di cui era il rappresentante legale la figlia), in parte corrette nell'esame dibattimentale, nelle quali il D.M. ha riferito di essersi recato in Comune con S.S. per presentare il progetto al Sindaco D.L. e di essersi accordato con S.S. per una provvigione del 10% sull'incarico che avrebbe avuto dal Comune di (OMISSIS). Hanno evidenziato come al narrato del D.M. si aggiungano le dichiarazioni rese da M.C.B. (dipendente del settore ecologia del Comune di (OMISSIS)), le dichiarazioni delle altre società che avevano partecipato alla gara per l'affidamento del servizio E.A., Mi.Ma., C.L. e Fe.Sa. (evidenziando come essi abbiano riferito del fatto che S.S. si era presentato presso le loro aziende facendo comprendere che molto probabilmente avrebbe vinto l'appalto) e soprattutto le emergenze delle intercettazioni là dove delineano il patto di mutuo scambio consistente nell'assegnazione, da parte del D.L., del servizio de quo alla "Ecomondo" degli S., in cambio della promessa di costituzione di circoli "(OMISSIS)" attraverso l'associazione "(OMISSIS)" (v. pagine 269 e seguenti della sentenza di primo grado e pagine 117 e seguenti della sentenza impugnata). Il Collegio di merito ha altresì posto l'accento sulla stretta interrelazione fra l'originario interesse di S.S. a che il servizio fosse affidato alla società "(OMISSIS)" del D.M. (il cui 10% spettava comunque al ricorrente) ed il successivo subentro nell'espletamento del servizio stesso da parte della neo-costituita società "Ecomondo" dei fratelli S. (v. pagina 122 della sentenza in verifica).

Contrariamente a quanto obbiettato dalla difesa di S.S., la Corte d'appello ha dato esaustiva risposta alle questioni sottoposte con il gravame quanto al capo ss), ponendo correttamente in luce come, ai fini della integrazione del reato, sia sufficiente la prova del dolo specifico - cioè della volontà dell'agente di procurare un vantaggio patrimoniale o un danno ingiusto - a prescindere dalla distanza temporale fra l'abuso commesso e la contropartita assicurata (nella specie, la costituzione dei circoli del "(OMISSIS)").

9.4. Nè v'è materia per ritenere fondato il rilievo secondo cui la nuova formulazione dell'art. 323 c.p., nell'escludere il sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità anche c.d. tecnica della pubblica amministrazione, renderebbe il fatto ascritto a S.S. non punibile.

Mette conto di ricordare che, con la recente novella del 2020 (con D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito dalla L. 11 settembre 2020, n. 120), il legislatore ha riscritto (nuovamente) la disposizione di cui all'art. 323 c.p., apportando significative innovazioni alla fattispecie dell'abuso d'ufficio da essa prevista, riducendo in termini significativi il perimetro dell'incriminazione. In particolare, all'originaria previsione che il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio abbia agito - nello svolgimento delle funzioni o del servizio - "in violazione di norme di legge o di regolamento" si è sostituito il ben - più stringente - inciso "in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità".

Come anticipato, la modifica normativa - pur di rilevante impatto sul piano generale - non è tale da comportare alcun riverbero nel caso sub iudice. Ed invero, come bene evidenziato dal Collegio distrettuale, nella specie, la condotta abusiva del pubblico ufficiale si è tradotta in una chiara violazione di legge, segnatamente del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 125, comma 11, dunque di una norma di natura procedurale (che avrebbe imposto l'invito a cinque operatori muniti dei necessari requisiti morali, tecnici e finanziario-economici) rispetto alla quale non v'era alcun spazio per l'esercizio di alcuna discrezionalità amministrativa.

Al pari ineccepibile in diritto è l'ulteriore passaggio argomentativo nel quale la Corte d'appello ha correttamente ribadito il principio secondo cui, in tema di abuso d'ufficio, l'intenzionalità del dolo non è esclusa dalla compresenza di una finalità pubblicistica nella condotta del pubblico ufficiale, dovendosi ritenere necessario, perchè venga meno la configurabilità dell'elemento soggettivo, che il perseguimento del pubblico interesse costituisca l'obiettivo principale dell'agente, con conseguente degradazione del dolo di danno o di vantaggio da dolo di tipo intenzionale a mero dolo diretto od eventuale. (Sez. 6, n. 51127 del 17/09/2019, Camastra, Rv. 278938-01).

Ad ogni buon conto, i decidenti di merito hanno posto in luce come, nella specie, l'interesse privato fosse del tutto prioritario rispetto all'interesse pubblico atteso che l'affidamento diretto era "del tutto antieconomico" (v. pagina 121 della sentenza impugnata), rilievo che rende ragione della integrazione anche il requisito della c.d. doppia ingiustizia.

9.5. Altrettanto incensurabile è il corredo motivazionale delle conformi sentenze di merito in ordine alla corruzione sub capo tt) ascritta, dal lato attivo, ad entrambi i ricorrenti A. e S.S. e, dal lato passivo, al Sindaco D.L.P..

La Corte distrettuale ha preliminarmente ricostruito i fatti e, precisamente, le condotte realizzate dal Sindaco allo scopo di favorire gli S., quali l'affidamento provvisorio del servizio e le proroghe illegittime nonostante l'assenza in capo alla "Ecomondo" dei requisiti necessari - sia di natura formale (DURC), sia e soprattutto sostanziali (stante la mancanza di mezzi e personali) - nonchè le interferenze nella gestione dei pagamenti (prima a favore della "(OMISSIS)" e, poi, della "Ecomondo"), dando altresì atto degli stretti rapporti fra D.L. e gli S., attestata anche da M.B. e dalle intercettazioni relative all'attivazione di D.L.P. per l'affidamento del servizio all'"Ecomondo" e per la gestione dei pagamenti (v. pagine 124 e seguenti della sentenza impugnata).

Inappuntabilmente il Collegio del gravame ha notato come, ai fini dell'integrazione del delitto di corruzione, non sia necessario che l'utilità sia realizzata, essendo sufficiente la mera promessa in tale senso (nella specie, l'impegno degli S. a costituire i circoli "(OMISSIS)"), richiamando a supporto della ritenuta concretezza di tale promessa e del sinallagma rispetto alla realizzazione degli interessi dei ricorrenti, lo stretto il tenore degli scambi di sms e dei dialoghi intercettati fra gli imputati. La Corte d'appello ha aggiunto come, nel febbraio 2014, venivano effettivamente costituiti due circoli "(OMISSIS)" in (OMISSIS), uno dei quali presieduto dal soggetto richiamato da S.A. nel dialogo con D.L.P. (v. pagine 129 - 130 della sentenza impugnata).

Diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti non è ravvisabile alcuna contraddittorietà nell'avere i Giudici di merito stimato insussistente il delitto di turbata libertà degli incanti sub capo uu) (sul presupposto che l'inserimento dei requisiti di professionalità da parte del B. non sia di per sè sintomatico di collusione nè fosse tale da avvantaggiare indebitamente la "Ecomondo", in presenza di una gara formalmente legittima), atteso che si tratta di condotte all'evidenza diverse ed autonome l'una dall'altra.

Ed invero, la circostanza che i decidenti di merito abbiano stimato inidoneo l'inserimento da parte del B. di un requisito speciale al fine di alterare l'esito della gara e favorire l'uno o l'altro concorrente (nella specie gli S.), non esclude - nè logicamente nè in fatto - che questi ultimi sia siano resi disponibili ad assicurare un'utilità al pubblico ufficiale per il compimento di atti contrari ai doveri d'ufficio, fra i quali gli affidamenti diretti e le proroghe del servizio alla "Ecomondo" (antecedenti alla gara di cui al capo uu) e l'omessa verifica dei requisiti (quali il possesso del DURC e il certificato antimafia) prescritti dal bando della medesima gara sub capo uu) (v. pagine 138 e 139 della sentenza impugnata).

9.6. Del tutto generico risulta il terzo motivo, con cui i ricorrenti hanno eccepito l'omesso rispetto del parametro di giudizio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" quanto al patto corruttivo. Per quanto si è testè chiarito, di tale accordo criminoso i Giudici della cognizione hanno comunque dato esaustiva e non illogica illustrazione, ponendo in luce l'ingerenza e le pressioni del Sindaco D.L. affinchè gli S. fossero favoriti nelle diverse fasi dell'assegnazione del servizio di distribuzione dei kit per la raccolta differenziata.

9.7. L'ultimo motivo in punto di circostanze attenuanti generiche e di determinazione della pena è chiaramente volto a promuovere uno scrutinio su aspetti affidati al prudente apprezzamento dei giudici di merito, non sindacabile nel giudizio di legittimità ove scevro da arbitrio e sorretto da motivazione adeguata.

La Corte territoriale ha comunque argomentato la ritenuta insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'invocata diminuente, valorizzando la gravità della condotta, il complesso sistema escogitato dagli imputati per eludere le indagini nei loro confronti operando attraverso un prestanome e, comunque, l'assenza di elementi positivi di valutazione, in ossequio alla consolidata lezione ermeneutica di questo Giudice di legittimità (ex plurimis Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo e altri, Rv. 252900).

Giova infine rimarcare che, contrariamente a quanto eccepito dalla difesa di S.A., il Collegio d'appello ha compiuto tale valutazione all'esito della correzione dell'errore in cui era in effettc; incorso il Tribunale nell'attribuire al ricorrente precedenti penali relativi ad una persona omonima (v. pagina 152 della sentenza in verifica).

9.8. Per la questione processuale dedotta con i motivi aggiunti si rinvia a quanto già rilevato sub paragrafo 1.

10. Il ricorso proposto da D.L.P. è fondato con limitato riguardo alla determinazione dell'aumento per la continuazione in relazione al capo z), mentre deve essere dichiarato inammissibile nel resto.

10.1. Muovendo dalle questioni processuali, è generico e comunque all'evidenza destituito di fondamento il secondo motivo, con cui la difesa di D.L. denuncia la violazione dell'art. 603 c.p.p. per avere il Collegio del gravame denegato l'escussione del colonnello An.Lu..

Ed invero, nell'atto d'appello la difesa si era limitata a richiedere l'esame di An. sul presupposto che il Giudice dell'udienza preliminare avesse ingiustificatamente rigettato la richiesta formulata ex art. 507 c.p.p., senza tuttavia allegare le circostanze determinanti e decisive sulle quali avrebbe dovuto essere sentito il teste.

Analoga genericità si rinviene nel ricorso per cassazione.

Ad ogni buon conto, non può non essere rilevato come, alla stregua del chiaro disposto dell'art. 603 c.p.p., commi 1 e 2, l'assunzione di nuove prove in appello sia subordinata alla valutazione del giudicante di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, salvo che non si tratti di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, nel quale caso il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall'art. 495 c.p.p., comma 1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nel giudizio d'appello, la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, prevista dall'art. 603 c.p.p., comma 1, è subordinata alla verifica dell'incompletezza dell'indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, Leoni, Rv. 262620; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, Rv. 229666). D'altra parte, il giudice d'appello ha l'obbligo di motivare espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento nel solo caso di suo accoglimento, mentre può anche motivarne implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad affermare o negare la responsabilità dell'imputato (da ultimo, Sez. 4, n. 1184 del 03/10/2018 - dep. 2019, Motta Pelli Srl, Rv. 275114-01).

10.2. Colgono all'evidenza fuori segno le eccezioni in rito con cui la difesa di D.L. ha eccepito la violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. per l'inosservanza alla regola della necessaria correlazione fra contestazione e sentenza (motivi sub punti 5.4, 5.5, 5.11 e 5.19 del ritenuto in fatto).

Va invero rammentato che ricorre la violazione del principio invocato dalla difesa allorquando il giudice pronunci condanna in relazione ad una fattispecie concreta, nella sua dimensione storico-fattuale, diversa, cioè totalmente differente, da quella descritta nel decreto che dispone il giudizio ovvero risultante all'esito delle contestazioni suppletive. Secondo l'insegnamento di questa Suprema Corte, espresso anche a Sezioni Unite, per aversi mutamento del fatto occorre difatti una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perchè, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, Carelli, Rv. 248051).

Sulla scorta delle sopra delineate coordinate ermeneutiche, nessuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza quanto ai capi ss) e tt), nè alcuna condanna per un fatto "nuovo" quanto al capo z) sono ravvisabili nel caso in oggetto, là dove i Giudici della cognizione si sono limitati ad accertare in termini diversi soltanto alcuni aspetti marginali delle vicende sub iudice (v. pagine 127 e 128 della sentenza impugnata) senza intaccare il fulcro storico-fattuale delle vicende criminose, rispetto al quale il ricorrente ha avuto piena possibilità di svolgere le proprie difese.

In particolare, quanto al capo tt), il Collegio distrettuale ha convincentemente escluso che il Giudice di primo grado abbia diversamente ricostruito i termini della vicenda sub iudice, confermando che - in linea con la contestazione - l'affidamento del servizio di distribuzione e fornitura dei kit per la raccolta differenziata alla "Ecomondo" degli S. era avvenuto senza la verifica dei requisiti oggettivi e soggettivi, come appunto contestato (v. pagine 127 e seguenti della sentenza in verifica) Nè può ritenersi che la Corte d'appello abbia pronunciato sentenza per un fatto addirittura "nuovo" ex art. 521 all'esito della derubricazione dell'originaria contestazione del fatto sub capo z) da corruzione propria a delitto di traffico di influenze illecite. Come si è già notato nel paragrafo 7.2, all'esito del vaglio dei Giudici di merito, il nucleo essenziale del fatto contestato non ha subito un significativo mutamento - imperniandosi sempre sulla mediazione svolta da D.L.P. presso l'On. Al.Gi. al fine di favorire l'imprenditore D.L.A., in cambio delle medesime utilità delineate nella primigenia imputazione - e l'imputato ha comunque avuto modo di discutere la nuova qualificazione giuridica dinanzi a questa Corte, senza subire alcuna lesione dei diritti dei difesa derivante dai profili di novità che da tale modifica scaturiscono.

10.3. Per quanto già anticipato in premessa nei paragrafi 2, sono inammissibili i motivi - sub specie della violazione di legge e del vizio di motivazione - concernenti le singole imputazioni per le quali è stata confermata la condanna di D.L.P. sub capi ii), ss), tt), uu), v) e z) (motivi di cui ai punti 5.1, 5.2, 5.3, 5.4, 5.5, 5.10, 5.11, 5.12, 5.13, 5.15, 5.16, 5.18, 5.19, 5.20 e 5.21 del ritenuto in fatto). Per un verso, essi costituiscono reiterazione - a tratti prolissa ed amplificata dalla presentazione di due distinti atti d'impugnazione - di censure già dedotte con il gravame e congruamente disattese dal Collegio distrettuale; per altro verso, nel proporre a questa Corte una lettura alternativa rispetto a quella recepita dai Giudici della cognizione, le doglianze sollecitano una diversa valutazione delle prove e ricostruzione dei fatti, non consentite nel giudizio di legittimità.

Ad ogni buon conto, il discorso giustificativo su cui poggia il giudizio di penale responsabilità a carico di D.L.P. si appalesa esaustivo e scevro da vizi di ordine logico-giuridico nè, d'altra parte, sono ravvisabili lacune motivazionali rispetto alle specifiche questioni dedotte in appello.

10.4. Congruamente argomentata è la conferma del giudizio di responsabilità in ordine alla corruzione sub capo v) in cui è contestato a D.L. di avere posto in essere un atto contrario ai doveri d'ufficio nel far approvare delibere di Giunta Comunale a favore della società calcistica "(OMISSIS)" di cui era Presidente di fatto il consigliere comunale N.A. (con assegnazione di erogazioni e esonero dal pagamento dei canoni di locazione del campo sportivo comunale), in palese violazione di legge, in cambio di erogazioni finanziarie da parte dello stesso N. a favore dell'associazione "(OMISSIS)", di cui il ricorrente era Presidente.

A tale riguardo, i Giudici della cognizione hanno delineato le ragioni della ritenuta illegittimità delle due deliberazioni con le quali venivano assegnati i fondi comunali alla società "(OMISSIS)", gli stretti rapporti fra D.L. e N. palesati dalle emergenze delle captazioni e soprattutto la diretta ingerenza ed incidenza del Sindaco D.L. ai fini dell'adozione di tali determine, alla luce delle dichiarazioni di P.C., capogruppo dell'opposizione, e, in particolar modo, del Dott. P.A. (segretario generale del Comune di (OMISSIS) e responsabile del servizio finanziario e del contenzioso), quanto alle pressioni ricevute dal Sindaco ai fini degli atti de quibus, sì da delineare l'abuso della sua qualità e della sua funzione richiesto dall'incriminazione in parola (v. pagine 90 e seguenti della sentenza di primo grado e pagine 45 e seguenti della sentenza in verifica).

La Corte d'appello ha, poi, dato congrua risposta all'obiezione difensiva quanto alla non applicabilità alle società sportive del divieto posto dal D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 4, comma 6, (di assegnare contributi a fondazioni e associazioni e altro che forniscono servizi anche a titolo gratuito) affermata nel precedente della Corte dei Conti invocato dalla difesa, evidenziando come tale divieto, pur non assoluto, sia derogabile nel solo caso in cui il privato svolga un'attività propria del Comune in forma sussidiaria, cioè quale modalità alternativa di erogazione del servizio pubblico, situazione insussistente nella specie.

Convincentemente motivata è anche la contestata sussistenza del dolo, alla luce delle dichiarazioni del Dott. P. quanto alle pressioni ricevute da D.L. (v. pagine 48 e 49 della sentenza impugnata), dovendosi ribadire sul punto la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui, a fronte della duplice condanna in primo ed in secondo grado (c.d. doppia conforme), il vizio di travisamento della prova, desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo purchè specificamente indicati dal ricorrente, non può essere coltivato dinanzi a questa Corte, se non nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine e altri, Rv. 256837; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 - dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438).

Non illogica è poi la risposta data al rilievo concernente la discrasia temporale fra il finanziamento all'associazione "(OMISSIS)" e l'adozione delle delibere in contestazione e la tenuta della ipotesi corruttiva (v. pagine 49 - 50 della decisione in rassegna).

Nè può ravvisarsi l'intima incoerenza denunciata dalla difesa quanto alla ritenuta insussistenza del reato di illecito finanziamento sub capo w) che riguarda la vicenda a latere della società erogante il finanziamento a "(OMISSIS)" e non anche il sinallagma corruttivo.

Ineccepibile è poi l'ulteriore considerazione quanto alla irrilevanza della successiva revoca in autotutela delle due delibere e del saldo del debito con il Comune da parte del N., essendosi il delitto perfezionato con l'emissione delle delibere e l'erogazione dei fondi, mentre il revirement del D.L. avveniva quando erano già in corso le indagini a suo carico e dopo l'esposto anonimo con cui egli veniva accusato di "modalità private di gestione della cosa pubblica" (v. pagine 50 - 51 della sentenza impugnata).

10.5. Scevra da vizi logico giuridici è anche la trama argomentativa intessuta a sostegno della conferma del giudizio di penale responsabilità espresso a carico del ricorrente in relazione al capo z) (originariamente contestato quale corruzione) come qualificato ex art. 346-bis c.p..

Richiamate integralmente le considerazioni sopra svolte nel paragrafo 7.2 quanto alla posizione di D.L.A., resta solo da aggiungere che, quanto alla contestata inutilizzabilità delle dichiarazioni di D.L.A. a carico di D.L.P. (stante l'inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni del primo il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere ai sensi dell'art. 210 c.p.p.), la Corte d'appello, da un lato, ha convincentemente chiarito che contrariamente a quanto assunto dalla difesa - le dichiarazioni di D.L.A. non sono state utilizzate per argomentare la credibilità delle dichiarazioni del teste On. Al.Gi. (evidenziando come essa si fondi essenzialmente sulla loro linearità e coerenza; v. pagina 71 della sentenza impugnata). Dall'altro lato, ha esaminato gli elementi a carico del ricorrente, in particolare il contenuto delle captazioni e la contiguità temporale fra mediazione da parte del Sindaco e dazioni dell'imprenditore, dando non irragionevole contezza delle ragioni dei giudizi di penale responsabilità (v. pagine 72 e 73 del provvedimento in rassegna e. pagine 110 e seguenti della sentenza di primo grado).

10.6. Puntuale e immune da vizi coltivabili in questa sede è anche il corredo motivazionale a sostegno dell'imputazione di corruzione sub capo ii), in cui è contestato al Sindaco D.L.P. di avere, in concorso con il Responsabile dell'ufficio Tecnico Comunale A.F. (e del Comandante della Polizia Municipale S.F.), assicurato il rilascio ai fratelli L. e Pe.Ra. del permesso di costruire illegittimo (n. 7/2014) per opere concernenti il supermercato (OMISSIS) da essi gestito (nonchè l'assenza di controlli presso il medesimo supermercato), in cambio delle utilità rappresentate dall'assunzione presso l'esercizio commerciale del figlio di S.F. e di altre persone.

Dopo avere incensurabilmente dato conto delle ragioni per le quali abbia ritenuto non necessario disporre un'ulteriore perizia tecnica per l'accertamento dei profili tecnici su cui si fonda la ritenuta illegittimità del permesso di costruire, la Corte d'appello ha attentamente vagliato il portato conoscitivo dei consulenti del P.M. e della difesa di Pe. (Ing. F. e Ing. Pe.) e degli elaborati tecnici, facendo altresì richiamo alla consolidata giurisprudenza amministrativa e di legittimità in materia nonchè al Regolamento Urbanistico Comunale (v. pagine 85 e seguenti della sentenza impugnata). Il Collegio di merito ha poi dato conto delle dichiarazioni rese da D.C.C., il quale riferiva di essere a conoscenza del fatto che l'intera pratica veniva redata dal Dirigente dell'Ufficio Tecnico A.F. e solo formalmente sottoscritta da D.L.C., circostanza corroborata dal contenuto delle intercettazioni richiamate.

La Corte territoriale ha poi richiamato le condivise considerazioni svolte dal primo Giudice quanto all'esistenza del sinallagma fra il sostegno assicurato da D.L.P. ai fini del rilascio del permesso di costruire - illegittimo - ai Pe. e l'assunzione delle persone da egli indicate, circostanza costituente a tutti gli effetti "utilità" ai fini dell'art. 319 c.p., trattandosi di situazione soprattutto in un territorio connotato da un tasso elevato di disoccupazione giovanile - atta ad accrescere il consenso elettorale del D.L., sinallagma palesato dal tenore dalle intercettazioni unitariamente considerate (in particolare di quelle del 4 marzo 2014 e n. 676 del 3 febbraio 2014). Il Collegio di merito ha poi correttamente rilevato come, sebbene non avesse alcuna competenza al rilascio di tale provvedimento autorizzatorio nè alcun formale obbligo di controllo A'su abusi edilizia, il Sindaco agisse in concorso con Dirigente dell'Ufficio Tecnico A.F. (v. pagine 89 e seguenti della sentenza impugnata e 136 e seguenti della sentenza di primo grado).

Non illogica risulta la conferma del giudizio di penale responsabilità a carico di D.L.P. nonostante l'assoluzione del Comandante della Polizia Municipale S.F. per non avere commesso il fatto, giudizio liberatorio poggiato (come si evince dalle considerazioni svolte a pagina 95 della sentenza impugnata e a pagine 170 e seguenti della sentenza di primo grado) sulla rilevata l'assenza di prova certa di un diretto coinvolgimento di quest'ultimo nell'accordo corruttivo, non evincibile dalla sola conversazione del 4 marzo 2014. Ed invero, i Giudici della cognizione hanno illustrato come i motivi dell'assoluzione riguardino la specifica posizione del Comandante (e l'originariamente contestato esonero da controlli da parte della Polizia Municipale, poi abbandonato nella ricostruzione operata dai Giudici di merito) e come, per tale ragione, non siano suscettibili di produrre riverberi sul giudizio di penale responsabilità a carico di D.L., rimarcando - con una considerazione non irragionevole - l'interesse del Sindaco all'assunzione del figlio dello S. in un'ottica di consenso elettorale (v. pagina 171 della sentenza del G.u.p.).

10.7. Quanto alla doglianza concernente in concorso nell'abuso edilizio di cui al capo hh) (motivo sub punto 5.18 del ritenuto in fatto) non si può fare a meno di rilevare come, trattandosi di imputazione per la quale la Corte d'appello ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta estinzione per prescrizione del reato, la Corte d'appello sarebbe stata legittimata a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell'art. 129 c.p.p., comma 2, soltanto in presenza di elementi atti ad escludere - in modo assolutamente non contestabile l'esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale. Come le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di chiarire, in caso di estinzione del reato per prescrizione, il giudizio pienamente liberatorio è difatti consentito soltanto allorchè l'innocenza dell'imputato o comunque la sua estraneità al fatto emerga siano evidenti, così che la valutazione da compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione ictu oculi, che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274).

Evidenza d'innocenza che certamente non si trae dalla ricostruzione in fatto e dalle valutazioni operate dai Giudici di merito e che neanche il ricorrente, a bene vedere, circostanzia.

10.8. Immune da vizi è il corredo motivazionale a sostegno della conferma della condanna per le imputazioni di abuso d'ufficio e di corruzione di cui ai capi ss) e tt), richiamate integralmente le considerazioni sopra svolte nei paragrafi 9.1, 9.2, 9.3, 9.4, 9.5 e 9.6 quanto alla posizione dei fratelli S..

10.9. Sono inammissibili tutte le doglianze in punto di applicazione delle circostanze attenuanti generiche ed alla circostanza e di commisurazione della pena (motivi sub punti 5.6, 5.8, 5.9 e 5.14 del ritenuto in fatto), salvo per quanto concerne l'aumento di pena per la continuazione per il capo v) (motivi sub punti 5.7 e 5.17 del ritenuto in fatto).

In linea generale, giova ribadire che la valutazione in ordine alla meritevolezza dell'imputato alla fruizione delle diminuenti di pena ed alla commisurazione della pena-base e degli aumenti per la continuazione costituiscono aspetti rimessi al discrezionale apprezzamento dei giudici di merito, scrutinabili nel giudizio di legittimità salvo non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico o non siano sorretti da sufficiente motivazione.

Con specifico riguardo alle circostanze attenuanti generiche, questa Corte ha più volte affermato che tale diminuente ha lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all'imputato in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull'apprezzamento dell'entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicchè il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo (Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012, Gallo e altri, Rv. 252900).

Elementi di segno positivo che, nella specie, i Giudici di merito hanno correttamente ritenuto insussistenti, con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici - dunque, insindacabili in questa sede -, là dove, pur dando atto del ridimensionamento delle accuse all'esito del giudizio di secondo grado, hanno valorizzato la gravità dei fatti commessi e la personalità negativa dell'imputato, rimarcando come egli interpretasse in un'ottica distorta il proprio ruolo di Sindaco, mostrasse scarsa propensione al rispetto delle disposizioni di legge cui avrebbe dovuto conformare il proprio comportamento e non manifestasse alcun segno di resipiscenza o di percezione del disvalore delle proprie condotte (v. pagine 153154 della sentenza impugnata).

Convincentemente argomentata è anche la denegata applicazione della circostanza attenuante speciale ex art. 323-bis c.p., là dove la Corte territoriale ha evidenziato, in senso ostativo, le gravi conseguenze per la pubblica amministrazione derivate dalla condotta, valorizzando la circostanza che, all'epoca dell'affidamento provvisorio, la "Ecomondo" dei fratelli S. non aveva mezzi nè dipendenti per svolgere il servizio, che la gestione del servizio fu caratterizzata da ritardi e disservizi e che il costo relativo non può ritenersi economico (come prospettato dalla difesa), stante il mancato svolgimento di una qualsiasi indagine di mercato (v. pagina 155 della sentenza impugnata).

L'argomentare dei Giudici del gravame si pone, d'altronde, perfettamente in linea con il costante insegnamento di questa Corte Suprema, secondo cui la circostanza attenuante speciale prevista per i fatti di particolare tenuità ricorre quando il reato, valutato nella sua globalità, presenti una gravità contenuta, dovendosi a tal fine considerare non soltanto l'entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni altra caratteristica della condotta, dell'atteggiamento soggettivo dell'agente e dell'evento da questi determinato (v. da ultimo, Sez. 6, n. 30178 del 23/05/2019, Fundarò, Rv. 276280-01).

Per quanto anticipato, è incensurabile in questa sede la determinazione della pena-base per il reato stimato più grave sub capo tt) (mantenuta inalterata rispetto alla commisurazione in primo grado). Risulta d'altronde errato il rilievo difensivo secondo il quale la pena avrebbe dovuto essere rimodulata - verso il basso - in ragione della riduzione delle imputazioni per le quali è stata confermata la condanna in appello. La difesa sembra invero trascurale di considerare che, secondo il meccanismo di operatività della continuazione, detto ridimensionamento può incidere direttamente sugli aumenti di pena (ovviamente non applicabili in relazione alle contestazioni decadute o dichiarate estinte per prescrizione) e in modo indiretto sul calcolo della pena-base soltanto se ed in quanto sia suscettibile di produrre un effettivo riflesso positivo sugli indici di cui all'art. 133 c.p..

La pena-base risulta, inoltre, perfettamente conforme all'intervallo edittale comminato dall'art. 319 c.p. antecedentemente alla novella con L. 27 maggio 2015, n. 69.

10.10. Come anticipato, coglie di contro nel segno l'eccepita violazione del divieto di reformatio in peius stabilito dall'art. 597 c.p.p. in relazione all'aumento per la continuazione applicato con riferimento al capo v).

Ed invero, nonostante l'assenza di impugnazione del Pubblico Ministero sul punto, la Corte d'appello ha applicato per detto capo un anno di reclusione a titolo di aumento di pena ex art. 81 c.p., comma 2, (v. pagina 155 della sentenza impugnata) quando il Giudice per le indagini preliminari aveva invece commisurato l'aumento in sette mesi di reclusione (v. pagina 296 della sentenza di primo grado).

La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio in relazione alla maggior pena applicata illegittimamente dalla Corte d'appello, rideterminando la pena complessiva come indicato nel dispositivo.

Costituisce invece il frutto di un mero errore materiale l'indicazione nel calcolo della pena e, precisamente, ai fini degli aumenti per la continuazione del capo hh), rispetto al quale la Corte d'appello ha pronunciato sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Il riferimento deve allora ritenersi essere stato fatto al reato sub capo ss) (per il quale v'è stata conferma della condanna di primo grado), capo ss) in relazione al quale il Giudice di secondo grado ha applicato la stessa pena inflitta dal G.u.p. (di mesi due giorni e giorni quindici).

In tale senso deve pertanto essere corretta la motivazione stesa a pagina 155 della sentenza impugnata, id est ritenendo riferito detto aumento di pena non al capo ii) bensì al capo ss).

10.11. Per la questione processuale dedotta con i motivi aggiunti si rinvia a quanto già notato sub paragrafo 1.

11. Dalla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di D.L.A., C.A., C.C., S.A., S.S., R.A.M., D.R.G., F.T. e De.Lu.An.Ma.Im. discende de iure la condanna dei predetti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma di Euro 3000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

I ricorrenti devono inoltre essere condannati in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile Comune di (OMISSIS), che - avuto riguardo alle tariffe forensi ed all'impegno professionale profuso dal patrono - si stima equo liquidare in Euro 6.000, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA.
P.Q.M.

annulla senza rinvio la sentenza impugnata, nei confronti di D.L.P., limitatamente alla misura della pena che ridetermina in anni sette, mesi sei e giorni quindici di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Riqualificata l'imputazione di cui al capo dd) ai sensi dell'art. 361 c.p. annulla la sentenza impugnata nei confronti di B.M. e D.S.A. e rinvia per la rideterminazione della pena in relazione a tale reato ad altra Sezione della Corte d'appello di Napoli. Rigetta nel resto i ricorsi e dichiara definitivo l'accertamento di responsabilità nonchè la quantificazione della pena per il reato di cui al capo bb) in mesi dieci di reclusione. Dichiara inammissibili i ricorsi di D.L.A., C.A., C.C., S.A., S.S., R.A.M., D.R.G., F.T. e De.Lu.An.Ma.Im., che condanna al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento della somma di Euro 3000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre i ricorrenti in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa della parte civile Comune di (OMISSIS), che si liquidano in Euro 6.000, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2021
Avv. Antonino Sugamele

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