Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2021) 08-02-2021, n. 4926
Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 20-01-2021) 08-02-2021, n. 4926
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAGO Geppino - Presidente -
Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Consigliere -
Dott. FILIPPINI Stefano - Consigliere -
Dott. CIANFROCCA P. - Consigliere -
Dott. COSCIONI G. - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.S.M., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 28/08/2020 del TRIB. LIBERTA' di PALERMO;
udita la relazione svolta dal Consigliere COSCIONI GIUSEPPE;
lette le conclusioni del PG CUOMO LUIGI, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 5 agosto 2020 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trapani applicava la misura della custodia cautelare in carcere a D.S.M., indagato per autoriciclaggio ed altro; la richiesta di riesame presentata nell'interesse di D.S. veniva rigettata dal Tribunale di Palermo con ordinanza del 28 agosto 2020.
1.1 Avverso tale ultima ordinanza ricorre per Cassazione il difensore di D.S., osservando che l'ordinanza impugnata si manifestava in tutta la sua inammissibilità poichè si occupava diffusamente soltanto del reato di fatturazione per operazioni inesistenti, omettendo la motivazione sul fumus del reato di autoriciclaggio; in tal sensi3 lacunosa ed insufficiente era infatti la ricostruzione secondo la quale i versamenti effettuati in data 15/3/2019 (Euro 124.000,00) e 8/5/2019 (Euro 25.000,00) a titolo di finanziamenti soci errano certamente da ricondurre alla volontà/necessità di ripulire i proventi derivanti da altra attività delittuosa (emissione di fatture per operazioni inesistenti), posto che detti importi venivano immessi nella casse della società Trapani Calcio s.r.l. al solo fine di adempiere i versamenti in scadenza; risultava del tutto illogica la motivazione dell'ordinanza impugnata, che prima sosteneva che i soldi confluiti nelle casse del Trapani Calcio erano serviti per far fronte alle imminenti scadenze federali e poi sosteneva che il disegno criminale dell'indagato risiedeva nel depositare i soldi sporchi, ripulirli e quindi prelevarli ripuliti dalle casse societarie del Trapani Calcio; non si capiva poi per quale motivo l'indagato avrebbe dovuto autoriciclare l'importo esiguo di Euro 149.000,00 e non quelli ben più elevato che secondo la Procura erano, proventi del reato presupposto (D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8).
Il difensore osserva che lo stesso fatto che la vicenda processuale aveva tratto origine dalla denuncia sporta da dalla Alivision s.r.l. (che aveva acquistato e non pagato le quote della (OMISSIS) s.r.l. da D.S.), che si doleva di essere stata truffata per avere avuto dall'indagato informazione parziali sui conti della società e che il Tribunale delle Imprese di Milano avesse già censurato tale ricostruzione, la diceva lunga sulla strumentalità dell'indagine; rileva poi che le operazioni di finanziamento del Trapani Calcio erano state svolte alla luce del sole attraverso operazioni tracciabili (bonifici bancari) ed invoca la clausola di non punibilità prevista dall'art. 648 ter 1 c.p., comma 4, che prevede che l'agente vada esente da responsabilità quando utilizzi o goda dei beni proventi del delitto presupposto in modo diretto e senza compiere su di essi alcuna operazione atta ad ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa; contesta la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato.
1.2 Con un secondo motivo di ricorso, il difensore eccepisce che il Tribunale aveva ritenuto utilizzabili gli elementi di prova posti a fondamento della misura cautelare a prescindere della liceità o meno della procedura di sequestro che aveva condotto alla loro acquisizione, in quanto non vi era alcuna norma che sanzionava con l'inutilizzabilità l'eventuale illecita acquisizione degli elementi di prova; precisa che i supporti informatici e telefonici erano già stati oggetto di un primo sequestro che il Tribunale di Trapani aveva annullato, disponendone la riconsegna all'indagato, che però non era stata eseguita in attesa che il Pubblico ministero emettesse un nuovo decreto di perquisizione e sequestro avente ad oggetto i medesimi beni, tanto che la Guardia di Finanza aveva contestualmente notificato al ricorrente sia il dissequestro che il nuovo sequestro; eccepisce pertanto l'illegittimità del sequestro, evidenziando che le operazioni finalizzate ad estrapolare gli elementi di prova dei supporti sottoposi a sequestro erano state condotte nell'ambito di diverso procedimento penale avente ad oggetto fattispecie criminosa diversa da quella (di riciclaggio) in ragione della quale era stato adottato il titolo cautelare.
Il difensore rileva come il sequestro si manifestava illegittimo anche sotto altro profilo: i supporti informatici sottoposti a sequestro contenevano files ed informazioni del tutto estranei ai fatti oggetto di contestazione, essendo stata impropriamente disposta ed eseguita la materiale apprensione di interi hardware senza alcuna dovuta ricerca, individuazione ed apprensione dei soli files pertinenti ai fatti oggetto di contestazione, e ciò in totale difformità sia rispetto alle disposizioni di legge in materia che rispetto alla consolidata giurisprudenza di merito.
1.3 Il difensore osserva che l'istanza di riesame del provvedimento impugnato aveva comportato un effetto devolutivo che il Tribunale aveva evidentemente disatteso nella misura in cui, pur dando atto dello stralcio investigativo avente ad oggetto il reato presupposto, non aveva rilevato la pacifica ed evidente incompetenza territoriale della Procura che aveva emesso il provvedimento cautelare; non si comprendeva la necessità che aveva spinto l'accusa a monopolizzare solo una parte del filone investigativo (art. 648 ter c.p.) che per sua esegesi non poteva certo essere disgiunta dal reato presupposto, con conseguente richiesta cautelare che ben avrebbe potuto esperire anche la Procura di Avellino, cui era stata riconosciuta la competenza per il reato presupposto; l'ordinanza impugnata avrebbe quindi dovuto essere annullata con declaratoria di incompetenza per territorio del Tribunale di Trapani, essendo competente il Tribunale di Avellino, al quale peraltro era già stato trasmesso il fascicolo principale.
2. Il Procuratore generale depositava note scritte con le quali chiedeva dichiararsi inammissibile il ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile.
1.11. I Preliminarmente si deve rilevare come non possa essere accolta l'istanza di riunione con altro procedimento pendente presso questo ufficio e trattato alla medesima udienza, posto che i due procedimenti hanno ad oggetto misure cautelari diverse (una personale e l'altra reale).
Si deve poi osservare che secondo il consolidato e condivisibile orientamento di legittimità (per tutte, Sez. 4 n. 15497 del 22/02/2002 Ud. (dep. 24/04/2002), Rv. 221693; Sez. 6 n. 34521 del 27/06/2013 Ud. (dep. 08/08/2013), Rv. 256133), è inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di riesame, senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Si è, infatti, esattamente osservato che "La funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta)" (in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013 Ud. (dep. 21/02/2013), Rv. 254584).
Ciò premesso, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, il Tribunale non si è soffermato unicamente sull'individuare gli indizi relativi al reato di false fatturazioni, ma nelle pagine da 15 a 19 ha evidenziato i versamenti effettuati in favore della Trapani Calcio s.r.l. con somme provenienti dalle società "cartiere" a titolo di restituzione dei finanziamenti e che l'affermazione secondo cui le somme di denaro oggetto delle contestate condotte di autoriciclaggio sarebbero proventi di altre attività impenditoriali di D.S. è rimasta una mera asserzione; conclusivamente, il Tribunale ha risposto alle censure sollevate con la richiesta di riesame, che sono state riproposte con il primo motivo di ricorso per cassazione, rendendo così lo stesso privo di specificità in quanto reiterativo di eccezioni già svolte.
1.2 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per non essere stato proposto con la richiesta di riesame: è infatti principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare perchè non devolute alla sua cognizione (vedi Sez. 5, Sentenza n. 28514 del 23/04/2013, Rv. 255577; Sez. 2, Sentenza n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316 - 01) "censura processuale.
1.3 Quanto alla eccezione di incompetenza per territorio, il Tribunale ha correttamente applicato l'art. 16 c.p.p., in base al quale la competenza per territorio deve essere individuata con riferimento al giudice competente per il reato più grave che, nel caso in esame, è quello previsto dall'art. 648 ter c.p., comma 1, che presenta una pena edittale più elevata rispetto al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, non ravvisando una ipotesi di connessione tra i due reati che comunque, se ritenuta sussistente, dovrebbe comportare la competenza del Tribunale di Trapani anche per il secondo reato, e non viceversa.
2. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Non conseguendo dall'adozione del presente provvedimento la rimessione in libertà dell'indagato, deve provvedersi ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2021