Sentenza

Vigile pranza nel ristorante che dovrebbe sanzionare poichè non paga la TOSAP: è abuso d’ufficio.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12/02/2020) 08-07-2020, n. 20306


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETRUZZELLIS Anna - Presidente -

Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -

Dott. BASSI Alessandra - Consigliere -

Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere -

Dott. SILVESTRI Pietro - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

D.F.M., nato a (OMISSIS);

avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale della Libertà di Roma il 02/12/2019;

udita la relazione svolta dal Consigliere, Dott. Pietro Silvestri;

udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso;

udito l'avv. Giuseppe Sabato, difensore dell'indagato, che ha concluso chiedendo l'accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

1. Il Tribunale del riesame di Roma ha confermato l'ordinanza con cui è stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di D.F.M., ritenuto gravemente indiziato del reato di abuso d'ufficio, perchè, in concorso con tali F.C. e L.P., nella qualità di istruttore della Polizia stradale, avrebbe violato l'obbligo di imparzialità, omettendo di sanzionare ed anzi consentendo a R.R., titolare di un ristorante presso il quale si recava a pranzo durante il servizio, di occupare il suolo pubblico; tale condotta avrebbe procurato un vantaggio allo stesso D.F. ed al R. che, in tal modo, poteva accogliere i clienti all'aperto senza autorizzazione, evitando di pagare i canoni di occupazione di suolo pubblico e comunque le sanzioni per l'abusiva occupazione.

2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato articolando due motivi.

2.1. Con il primo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto al giudizio sulle esigenze cautelari, e, in particolare, al ritenuto pericolo di recidiva F. sarebbe stato sospeso cautelarmente dal servizio dal Dirigente della Polizia Municipale di Roma "fino a nuova comunicazione", sicchè il pericolo di recidiva non potrebbe considerarsi concreto ed attuale.

Sarebbe viziata la motivazione dell'ordinanza nella parte in cui è stata attribuita valenza alle condotte compiute dall'indagato in altre vicende - si tratta di condotte per le quali era stata chiesta, ma non ottenuta la misura cautelare per più fatti qualificati di corruzione, peculato, concussione ed altro- che, a dire del Tribunale, rivelerebbero tuttavia l'attitudine del ricorrente a porre in essere "condotte opache" (così l'ordinanza), ed a travisare i doveri della pubblica funzione per trarre vantaggio personale: secondo il Tribunale, inoltre, la sospensione amministrativa non assumerebbe rilievo perchè conseguente alle determinazioni dell'Autorità giudiziaria e comunque il ricorrente potrebbe avvalersi, anche durante la sospensione, di colleghi per commettere altri reati.

Secondo il ricorrente, invece: a) quanto alle "altre" condotte, il G.i.p. aveva escluso in relazione ad esse la sussistenza di gravi indizi di reato; b) quanto alla sospensione dal servizio, questa eliminerebbe la possibilità che possa presentarsi una occasione prossima per la reiterazione di reati; c) non vi sarebbero elementi da cui desumere che D.F. possa condizionare altri colleghi per commettere nuovi reati.

2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge processuale per l'omessa motivazione in ordine alla richiesta difensiva di sostituzione della misura in corso con quella dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
Motivi della decisione

1.1 due motivi di ricorso, che possono essere valutati congiuntamente, sono infondati.

2. La Corte di cassazione ha in molteplici occasioni chiarito che il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell'art. 274 c.p.p., lett. c), dalla L. 16 aprile 2015, n. 47, non deve essere inteso come imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, quanto, piuttosto, come espressione di una continuità del pericolo nella sua dimensione temporale; ciò che deve essere apprezzato è la potenzialità criminale dell'indagato, la effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a neutralizzare (Sez. 6, n. 3043 del 27/11/2015, dep. 2016, Esposito, Rv. 265618; Sez. 2, n. 26093 del 31/03/2016, Centineo, Rv. 267264; Sez. 2, n. 18745 del 14/04/2016, Modica, Rv. 266749; Sez. 2, n. 25130 del 14/04/2016, Cappello, Rv. 267232; Sez. 2, n. 18744 del 14/04/2016, Foti, Rv. 266946; Sez. 6, n. 15978 del 27/11/2015, Garrone, Rv. 266988).

Anche le Sezioni Unite, sebbene occupandosi solo incidentalmente della questione in una pronuncia di recente emessa (Sez. U, n. 20769 del 28/4/2016, Lovisi, Rv. 266650266652), hanno affermato che l'attualità è requisito legato alla presenza di occasioni prossime al reato (e, dunque, non specifiche), la cui sussistenza, pur dovendo essere autonomamente e separatamente valutata rispetto all'altro requisito di legge, dato dalla "concretezza", è desumibile dai medesimi indici rivelatori di quest'ultima, e cioè specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell'indagato o imputato.

3. Il Tribunale del riesame, con un'adeguata motivazione in cui è stata richiamata l'ordinanza cautelare genetica, ha correttamente evidenziato come, a prescindere dalle altre vicende in relazione alle quali pure era stato chiesto e non ottenuto un provvedimento cautelare, la continuità del pericolo di recidiva sia sussistente in ragione della personalità dell'indagato e della sua propensione a porre in essere condotte "opache", finalizzate ad ottenere profitto e vantaggi personali.

Sul punto, lo stesso G.i.p., che pure aveva ridimensionato il quadro indiziario, nondimeno aveva evidenziato come, dal contenuto delle conversazioni intercettate, si evidenziasse da parte del ricorrente una propensione all'inosservanza dei doveri d'ufficio, fui inquinata da condotte abusive in danno dei cittadini.

In tale contesto, lo stesso G.i.p. aveva inoltre sottolineato come il ricorrente percepisse il servizio al quale era assegnato come posizione di potere e che proprio ciò costituisse il presupposto del rischio di recidiva.

I fatti puntualmente richiamati nell'ordinanza generica del titolo custodiale, pur non essendo stati ritenuti gravemente indizianti degli altri reati ipotizzati, sono stati cioè correttamente, ed in maniera argomentata, valorizzati per desumere il giudizio sulle esigenze cautelari, in ragione della personalità dell'indagato.

Nè può essere attribuita rilevante valenza all'intervenuta sospensione cautelare amministrativa, avendo il Tribunale spiegato come i fatti, complessivamente considerati, rendano manifesta una spregiudicatezza rispetto alla quale anche la intervenuta sospensione cautelare amministrativa si rivela inadeguata.

Ne discende l'infondatezza dei motivi di ricorso, avendo il Tribunale, sulla base delle considerazioni generali esposte, ritenuto infondato anche l'assunto secondo cui le ritenute gravi esigenze cautelari possano essere neutralizzate con una misura meno afflittiva.

4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2020
Avv. Antonino Sugamele

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