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Sentenza

Rubano il portone condominiale: è furto in abitazione
Rubano il portone condominiale: è furto in abitazione
Cassazione penale, sezione V, sentenza 2 marzo 2020, n. 8421
Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 16/12/2019) 02-03-2020, n. 8421
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MORELLI Francesca - Presidente -
Dott. DE GREGORIO Eduardo - Consigliere -
Dott. PEZZULLO Rosa - rel. Consigliere -
Dott. CATENA Rossella - Consigliere -
Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
L.T., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 24/09/2018 della CORTE APPELLO di BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROSA PEZZULLO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. BIRRITTERI Luigi, che ha
concluso chiedendo;
Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilità.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 24.9.2018 la Corte d'Appello di Bari ha confermato la sentenza del locale
Tribunale, con la quale L.T. è stato condannato alla pena di anni uno e mesi nove di reclusione
ed Euro 312 di multa, per il reato di cui agli artt. 110 e 624 bis c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7, per
aver sottratto in concorso con La.Pa. due portoni di ingresso degli edifici condominiali, siti in
(OMISSIS).
2.Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del suo difensore
di fiducia, lamentando: l'erronea applicazione della legge penale (art. 606 c.p.p., comma 1, lett.
b), in relazione all'art. 624 bis c.p.; invero, errata si presenta la qualificazione giuridica del fatto
in relazione alla nozione di privata dimora, atteso che il portone di ingresso del condominio,
insistendo su una pubblica via, è privo di qualsiasi carattere di riservatezza,stante la sua
intrinseca funzione, tanto che l'imputato ha portato a compimento l'attività delittuosa senza
dover fare ingresso all'interno dello stabile.
Motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1. Ed invero, corretta si presenta l'attribuzione all'imputato della fattispecie di furto in abitazione,
rientrando i portoni asportati nella tutela dei beni predisposta dall'art. 624 bis c.p..
1.1. Tale norma, posta a salvaguardia dei beni sottratti da edifici o luoghi destinati in tutto od in
parte a privata dimora (concetto questo più ampio di quello di abitazione, rientrandovi i luoghi
nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata, e che non siano aperti al
pubblico, nè accessibili a terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad attività
lavorativa o professionale, Sez. U, n. 26889 del 28/04/2016 e Sez. 5, n. 34475 del
21/06/2018,Rv. 273633), si estende anche ai beni sottratti dalle "pertinenze" della privata
dimora ("...o nelle pertinenze di essa...."). I portoni asportati erano ubicati proprio all'ingresso
- negli androni - degli edifici condominiali, a servizio e protezione anche delle private dimore in
essi ubicate, oltre che degli spazi condominiali e, comunque, erano posti in un luogo di
"appartenenza" di private dimore, sicchè rientrano pienamente nella tutela apprestata dalla
norma.
1.2. Il riferimento contenuto nell'art. 624 bis c.p. "...o nelle pertinenze di essa...." (privata
dimora), tenuto conto delle ragioni di maggior tutela apprestata per i beni collocati nei luoghi di
privata dimora o in quelli "vicini", che di tale tutela estensivamente beneficiano, non ricomprende
solo il luogo rientrante nella nozione civilistica di pertinenza ex art. 817 c.c., ma anche quello
più ampio, avente un rapporto di strumentalità con l'abitazione (o le abitazioni) od anche solo di
servizio, arrecando una "utilità" al bene principale (ovvero ai beni principali). E' stato, all'uopo,
evidenziato che la nozione di pertinenza, valevole ai fini dell'art. 624 bis c.p., non coincide con
quella civilistica, non richiedendo essa l'uso esclusivo del bene da parte di un solo proprietario
(Sez. 4, Sentenza n. 4215 del 10/01/2013). Piuttosto, essa deve essere accostata alla nozione
di "appartenenza", di cui all'art. 614 c.p., sicchè elemento caratterizzante è, dunque, quello della
strumentalità, anche non continuativa e non esclusiva, del bene alle esigenze di vita domestica
del proprietario (Sez. 4, n. 4215 del 10/01/2013).
1.3. In proposito, è stato ritenuto rientrante nel concetto di "pertinenza" di privata dimora il
pianerottolo condominiale, antistante la porta dell'abitazione di uno dei condomini, avente, come
gli altri, diritto di escludere l'intruso (Sez. 5, n. 12751 de120/10/1998,Rv. 213418), nonchè
l'androne del palazzo "per la sua natura pertinenziale delle abitazioni collocate nello stabile",
sebbene pro quota, per tutti gli appartamenti dell'anzidetto complesso" (Sez. 5, n. 28192 del
25/03/2008,Tagliartela, Rv. 240442) e le aree condominiali in genere, ivi comprese quelle
destinate a parcheggio che non siano nella disponibilità dei singoli condomini (Sez. 4, n. 4215
del 10/01/2013, Rv. 255080). Nelle ipotesi descritte la giurisprudenza di legittimità ha, nella
sostanza, posto l'accento sulla strumentalità del rapporto tra il luogo violato e di collocazione del
bene asportato con la privata dimora, valorizzando appunto il collegamento o la relazione di
accessorietà e comunque la contiguità, anche solo di servizio tra i luoghi, come appunto per le
parti comuni di un edificio condominiale rispetto alle private dimore in tale edificio esistenti.
1.4. Nella fattispecie in esame, dunque, i portoni sottratti, ubicati all'ingresso degli edifici
condominiali, assolvevano appunto con l'androne la suddetta funzione strumentale e
complementare alle abitazioni degli stabili condominiali ed il dato secondo cui essi per la parte
esterna si trovassero a delimitazione della pubblica via non esclude la funzione dagli stessi
assolta, nonchè il fatto che per la loro asportazione occorreva la necessaria introduzione negli
androni dei palazzi.
2. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in Euro 3000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 2 marzo 2020
Avv. Antonino Sugamele

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